Il tempo del boss

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Il tempo del boss

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martedì 26 Settembre 2023 - 06:15

Giovanni Falcone saltò in aria mentre attraversava l’autostrada da Punta Raisi a Palermo, dove avrebbe dovuto passare il fine settimana insieme alla moglie Francesca Morvillo. Avrebbe voluto completare lo smantellamento di Cosa Nostra, iniziato con le condanne del maxiprocesso: non fece in tempo.

Paolo Borsellino lavorò anche di notte per 54 giorni, con l’obiettivo di arrivare ai responsabili della morte di Giovanni Falcone. Il pomeriggio del 19 luglio del 1992 arrivò sotto il palazzo in cui abitava l’anziana madre, probabilmente per un ultimo saluto: non fece in tempo.

Antonella Bonomo aveva 32 anni ed era al terzo mese di gravidanza. Qualche giorno dopo l’omicidio del compagno – il mafioso alcamese Vincenzo Milazzo – venne attirata in una trappola da Gioacchino Calabrò, capo famiglia di Castellammare del Golfo. Era convinta che non l’avrebbero toccata, quantomeno per il bambino che portava in grembo e che pensava di partorire a distanza di sicurezza dalla violenza mafiosa: non fece in tempo.

“Il bambino era molto molle, sembrava di burro” disse Vincenzo Chiodo nell’udienza del processo per l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato in un casolare l’11 gennaio del 1996. Avrebbe tanto voluto riabbracciare i genitori e gli amici dopo 25 mesi di detenzione tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo: non fece in tempo.

Non fecero in tempo a capire cosa stesse succedendo nemmeno le cinque vittime della strage di via dei Georgofili e le altre cinque della strage di via Palestro, in luoghi in cui mai avrebbero immaginato di rischiare la vita. E chissà se fecero in tempo a rendersene conto tutte le vittime di omicidi e stragi per cui non si è mai arrivati a una verità giudiziaria.

Lui, che si vantava di aver ucciso tante di quelle persone da poter riempire un cimitero, il tempo lo ha avuto. Per chiudere le partite aperte, preparare la sua successione, riconoscere la figlia, dare le disposizioni finali sul proprio trattamento sanitario e sulla sepoltura senza un funerale religioso. Porta con sé mille segreti, tanti pezzi di verità su chissà quante pagine dell’indicibile della nostra storia nazionale. Non averli tirati fuori resta la sconfitta più grande per uno Stato che, senza il tumore, probabilmente, non l’avrebbe mai catturato. Eppure, in 30 anni, il tempo lo ha avuto…

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