Igor’ Panarin, il russo che predisse la fine degli USA

Sebastiano Bertini

Lo scavalco

Igor’ Panarin, il russo che predisse la fine degli USA

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giovedì 09 Febbraio 2023 - 16:38

Talvolta, è una questione di sfondo.

In effetti, mentre cerchiamo di decodificare il presente, che per sua essenza ci sta addosso e ingombra il nostro campo visivo, a volte dimentichiamo la scena, la scenografia e magari anche l’intero teatro.

Rovistando tra l’attrezzatura da palcoscenico può, appunto, capitare di scovare il lavoro segreto di un qualche tarlo, tanto vasto e labirintico, tanto capace di sondare le interiorità, quanto inudibile.

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Uno di questi “lavoratori di profondità” è il semidimenticato – certamente della cronaca occidentale – Igor Panarin.

Di lui si parla poco; non ha la presenza del sempre evocato Sergei Lavrov, o del portavoce Perskov, o del delfino Medvedev. Eppure c’è, e il suo portato è pesante.

Igor’ Nikolaevič Panarin è un vision maker, un produttore di scenari. Un utopista, se si vuole, ma di apparato e eminentemente geopolitico.

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Classe 1958. Come l’altro, prestissimo nel KGB. Dal 1976. Analista orientato alle operazioni psicologiche in contesti bellici. Poco più di vent’anni dopo è cattedratico all’Università di Mosca.

Dagli anni ’90 lavora per Eltsin, con il compito di prefigurare gli andamenti delle relazioni internazionali. Un estrapolatore di professione.

Nel 1998 ha il suo primo momento di fama, quando presenta – ad un concilio accademico in Austria – uno scenario di previsione del prossimo collasso degli Stati Uniti. Scenario fornito puntualmente di “data di morte” e articolate argomentazioni.

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Per Panarin gli USA non sarebbero arrivati al 2010.

Lo studioso mette in matrice un gran numero di dati: le pressioni migratorie, la crescita esponenziale del debito, la mancanza di regolazione del mercato finanziario, il conflitto razziale; perfino la condotta morale degli americani.

Il pronostico è collasso e guerra civile: guerra fra gruppi di potere e gruppi economici; crollo del sistema federale e divisione del territorio statunitense.

Alaska di nuovo alla Russia; Ovest nella galassia cinese; Sud fagocitato dal mondo latino, New England e Grandi Laghi e Midwest succubi dell’Europa.

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Quando nel 2008 la crisi finanziaria inizia a galoppare, la previsione di Panarin fa il giro del mondo.

Nel 2009, con lo sguardo di chi vede nei fatti il proprio baluginante riflesso, si spinge a svelare in tutta la sua ampiezza il disegno.

Obama è un altro Gorbaciov: una storiella confortante, mentre per la prima volta nella storia i mercati crollano il giorno dell’insediamento del Presidente.

Alla dissezione della tipsy nation non può allora che seguire un riassetto dell’ “Ordine mondiale”. Risistemazione in cui la Russia deve avere una parte da protagonista.

In tal senso, Panarin mostra subito di avere le idee chiare: la regione di Primor’e – l’area il cui capoluogo è Vladivostok, affaciata sul Pacifico, in chiara antitesi alla Atlantico nostrum – deve divenire il polo macro-regionale dell’innovazione tecnologica. Elabora già direttamente il nome dell’organismo governativo che dovrebbe sovraintendere alla grande pianificazione: Tichookeanskoe Informacionno-Analitičeskoe Bjuro.

Seguono poi osservazioni sul ripristino della geopolitica a la Caterina la Grande nei confronti dell’Unione europea; sostituzione russa dei presidi militari americani in Turchia, Iraq, Afghanistan; accordi forti con Iran e Cina; pieno appoggio a quest’ultima nell’applicazione della Dottrina della prosperità economica comune dei paesi della regione del Pacifico, coinvolgente Hong Kong, Australia e Hawaii.

Infine, tre linee di affondo: Brasile, Venezuela, Cuba.

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Strano a dirsi, tutto questo in Europa è stato decisamente dimenticato. Almeno fino al febbraio 2022.

E oggi, l’immagine fantasiosa di Putin che posa sul comodino l’ultimo libro di Igor’ Panarin, può apparire quasi realtà.

Sebastiano Bertini

Lo Scavalco è una scorciatoia, un passaggio corsaro, una via di fuga. È una rubrica che guarda dietro alle immagini e dietro alle parole, che cerca di far risuonare i pensieri che non sappiamo di pensare.

Sebastiano Bertini è docente e studioso. Nel suo percorso si è occupato di letteratura e filosofia e dai loro intrecci nella cultura contemporanea. È un impegnato ambientalista. Il suo più recente lavoro è Nel paese dei ciechi. Geografia filosofica dell’Occidente contemporaneo, Mimesis, Milano 2021. https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788857580340

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