Processo Perricone, prosegue l’esame dei testimoni della difesa dell’ex vicesindaco

redazione

Processo Perricone, prosegue l’esame dei testimoni della difesa dell’ex vicesindaco

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venerdì 31 Maggio 2019 - 17:47

Nel corso dell’udienza di mercoledì, tenutasi presso il tribunale di Trapani, si sono avvicendati, per essere sentiti davanti al collegio dei giudici, gli ex amministratori della società Cea, alcuni componenti del Cda della Banca Don Rizzo, esponenti politici alcamesi e imprenditori del territorio di Calatafimi.

È durato circa quattro ore, presso il palazzo di giustizia di Trapani, l’esame dei testi della difesa di Pasquale Perricone, ex vicesindaco di Alcamo, svoltosi nella tarda mattinata di mercoledì. Lo storico esponente politico del Partito Socialista è imputato nel processo, scaturito dall’indagine della magistratura trapanese “Affari sporchi” del 2016, insieme ad altri tre soggetti: la cugina Maria Lucia Perricone (detta Mary), Marianna Cottone ed Emanuele Asta. Diversi sono i reati contestatogli dal pubblico ministero che ha condotto le indagini, la dottoressa Rossana Penna, tra cui l’associazione a delinquere, la bancarotta fraudolenta, la truffa ai danni dello Stato e della Ue. Il procedimento giudiziario, che si sta svolgendo davanti al collegio dei giudici presieduto dal dottore Enzo Agate e a latere la dottoressa Chiara Badalucco e la dottoressa Roberta Nodari, ha avuto ad oggetto ancora una volta l’esame della lunghissima lista di testimoni presentata dagli avvocati difensori, come suddetto. Nello specifico, nel corso dell’udienza di mercoledì tenutasi nell’Aula intitolata al magistrato Giangiacomo Ciaccio Montalto, si sono avvicendati 11 testi della difesa dell’ex vicesindaco, tra cui gli ex amministratori della società Cea, alcuni componenti del Cda della Banca Don Rizzo di Alcamo, degli esponenti politici locali e tre imprenditori del territorio di Calatafimi. In particolare, sono stati ascoltati i commercialisti Alessandro Sciortino e  Fabio Chiossone che hanno fatto parte del collegio sindacale della Cea, la società coinvolta nell’inchiesta summenzionata della procura sui lavori di ampliamento del porto di Castellammare del Golfo, e che, secondo l’accusa, sarebbe stata amministrata in maniera occulta da Pasquale Perricone. Il primo teste citato fa parte anche della presidenza della Lega delle Cooperative siciliana. Dal 2005 al 2010 è stato membro del collegio sindacale della società Cea. Il signor Sciortino ha dichiarato rispondendo all’avvocato Giuseppe Benenati, che difende nel processo l’ex vicesindaco, di non avere mai incontrato Pasquale Perricone durante le riunioni che avvenivano circa cinque volte all’anno nei locali della società in via Goldoni ad Alcamo. Inoltre, il teste ha precisato che Mary Perricone, allora dipendente della Cea, non ha mai preso parte a suddetti incontri. Anche il signor Chiossone ha confermato di non aver mai incontrato, durante la sua carica, il noto esponente politico. Sempre relativamente alla questione della Cea, è stato interrogato anche Vincenzo Mancuso, dipendente intorno agli anni novanta e vicepresidente della summenzionata società (dal 2001 al 2010). Nello specifico, il teste ha spiegato che nel 2001 Pasquale Perricone ha abbandonato la società per dedicarsi all’attività di export a Cuba. Inoltre, dall’avvocato Benenati è stato chiesto al teste di indicare nella planimetria sottopostogli i locali, in via Goldoni, della Promosud affittatole dalla Cea (la cui sede si trova proprio nello stesso edificio al piano terra), e da quali persone, che vi lavoravano, erano occupate le stanze. Il signor Mancuso ha chiarito che la locazione degli spazi dell’edificio alla società che si è occupata di formazione professionale (anche questa secondo al procura facente parte delle società riconducibili all’ex vicesindaco), è stata eseguita a titolo oneroso. Suddetti spazi si trovavano al primo piano dell’edificio. Il teste ha poi la raccontato davanti ai giudici l’episodio concernente la riunione con Franco Morbiolo e Mauro Gnech della Coveco, quest’ultima capogruppo dell’Ati che si era aggiudicata l’appalto dei lavori del porto di Castellammare, affidandone la gestione all’associata Cea. A quell’incontro, resosi necessario dal momento che la società era stata estromessa dalla capogruppo, aveva preso parte, su richiesta della cugina, Pasquale Perricone poiché, secondo il teste, conosceva gli amministratori della Coveco. L’intervento dell’ex vicensindaco, tuttavia, come riportato dal Mancuso, non ha ammorbidito la posizione di Coveco. Il teste ha poi affermato di conoscere Pasquale Russo, liquidatore della società Cea, nominato dalla Regione, imputato in un procedimento parallelo, ma di non avere mai visto parlare quest’ultimo con lo storico esponente del PSI. Rispondendo al pubblico ministero, invece, ha precisato che anche la sede del consorzio Promosud (da non confondere con la società che si occupava di corsi di apprendistato e costituito da un 1/6 dell’organigramma della Cea), aveva sede nei locali di via Gondoni in C/da Tre Santi. Tra gli amministratori è stato sentito pure il signor Paolo Stellino secondo il quale i problemi della società Cea sono sorti a seguito del sequestro dei cantieri del porto di Castellammare da parte delle fiamme gialle. Per quanto concerne l’edificio in via Goldoni, il teste ha spiegato che esisteva una scala interna che dal piano terra portava al piano della Promosud, alle cui stanze si accedeva mediante una porta però sempre chiusa. Il signor Stellino ha in seguito precisato di non avere mai visto negli uffici della Cea Pasquale Perricone. Rispondendo al pm, il teste ha specificato di essere il legale rappresentante della Pentacostruzioni, una società costituita insieme a Antonio Russo. Con lui collaborava anche Domenico Parisi, direttore del cantiere del porto di Castellammare.

Tra i politici alcamesi convocati dalla difesa vi è stato l’ex assessore Gianluca Abbinanti. Il teste è stato interrogato dall’avvocato Benenati in merito alle intercettazioni ambientali di alcune riunioni con Pasquale Perricone, avvenute nei locali in via Goldoni, alle quali hanno preso parte anche l’ex sindaco Sebastiano Bonventre e altri componenti della giunta, aventi ad oggetto il Piano triennale delle opere pubbliche del 2014. Il teste ha spiegato che si trattavano di riunioni meramente politiche, di avere fatto una sorta di copia e incolla del Piano con il documento precedente, ma di non avere mai avuto richieste da parte di Perricone relativamente ad appalti pubblici del Comune di Alcamo. All’epoca Pasquale Perricone non faceva più parte dell’amministrazione, avendo dato le dimissioni nel 2012 per candidarsi ufficialmente alle elezioni regionali. Non in veste di politico è stato interrogato invece l’ex consigliere comunale e sindacalista Giuseppe Canzoneri relativamente alle docenze effettuate nel corso “Il lavoro di fabbro in ferro” organizzato dalla Promosud. Durante l’udienza di ieri si è anche toccato quel filone dell’inchiesta della magistratura di Trapani avente ad oggetto la società Coimp con sede in via Ellera ad Alcamo. Il Consorzio di imprese è stato costituito nel novembre del 2014 con amministratore unico Mary Perricone. Anche questa sarebbe stata una carica fittizia per la procura, riconducibile all’ex esponente del PSI alcamese. Il capitale sociale veniva così ripartito: il 30% alla Imex Italia di Pasquale Perricone, pure questa con sede in via Ellera, il 30% all’Impresa Sciortino, il 30% alla Ferrara costruzione e 10% alla Mirrione impianti, queste ultime tre di Calatafimi. Secondo l’accusa, tale società avrebbe avuto come scopo quello di dissimulare la titolarità della Imex in capo a Perricone oltre a occultare al fisco utili aziendali conseguiti da detta società; ottenere il subappalto dei lavori di rifacimento della galleria di Segesta sull’A29 del valore di oltre 26 milioni di euro; partecipare ai lavori post-terremoto in Emilia Romagna. Per la magistratura, l’idea di costituire il consorzio Coimp, dunque, sarebbe stata avanzata dall’ex vicesindaco e l’ingresso delle altre imprese sarebbe servito solo per garantirsi l’acquisizione delle certificazioni Soa, necessarie per poter accedere agli appalti pubblici. La scelta di consorziarsi con delle ditte di Calatafimi, per l’accusa, non è stata del tutto occasionale, ma sarebbe stata pensata per evitare di entrare in collisione con le ditte locali e la consorteria mafiosa di quel territorio. Per tale motivo, dinanzi al collegio dei giudici, sono stati sentiti anche gli imprenditori Alessandro Ferrara, fratello dell’ex sindaco di Calatafimi Nicola Ferrara (finito agli arresti nel 2014 per corruzione, falso e turbativa d’asta), Pietro Mirrione e Salvatore Sciortino. L’imprenditore Alessandro Ferrara rispondendo alle domande del legale dell’ex vicesindaco ha affermato di non aver mai pensato, in quanto componente del consorzio, di acquistare le certificazioni Soa della Cea. Inoltre, il teste ha spiegato che è stato il fratello a chiedergli se voleva inserirsi nel progetto di costituzione della Coimp. Il signor Mirrione, invece, ha precisato che le riunioni avvenivano all’interno degli ex uffici della Cea, siti al primo piano dell’edificio in via Goldoni ad Alcamo, e che l’idea di indicare Mary Perricone come amministratrice unica della società è stata avanzata dal cugino Pasquale. Salvatore Sciortino, rispondendo alle domande dell’avvocato Benenati ha dichiarato di non avere mai parlato dei lavori galleria Segesta e neanche dei lavori del Porto di Castellammare, non avendone conoscenza. Invece, una delle cause per cui è stata messa in liquidazione la società, secondo il teste, sarebbe stata “la disgrazia a Perricone”. Poi, sono stati ascoltati anche l’ex presidente Banca Don Rizzo 2014, Vincenzo Nuzzo, e un componente consiglio amministrazione dell’istituto di credito, Vito Asta. Quest’ultimo ha ricoperto anche la carica di consigliere comunale di Alcamo nel 1997 al 2001 ed è stato tra i fondatori, insieme a Pasquale Perricone, del consorzio Promosud, prima denominato Alcaexpo. Entrambi i testi sono stati interpellati sulle elezioni del 2014 per il rinnovo della presidenza del consiglio di amministrazione della banca e dei componenti del cda e del collegio sindacale. Per la magistratura, nell’ambito di quelle votazioni, vi sarebbe stato un tentativo di Perricone di acquisire maggiore potere all’interno dell’istituto di credito che nella vicenda dell’appalto dei lavori del porto di Castellammare avrebbe rivestito un ruolo fondamentale. Presso l’istituto, Rosario Agnello, per la procura mera “testa di legno” di Perricone, ha infatti aperto il conto corrente intestato alla Cea, su cui è stato bonificato dalla Coveco la gran parte delle somme del 13° SAL, destinato a pagare i costi sostenuti per la realizzazione delle opere del Porto. Somme ingenti di cui, secondo l’accusa, si sarebbero appropriati alcuni soggetti coinvolti nell’inchiesta “Affari Sporchi”, omettendo di riversarli nelle casse della Nettuno, la cortile appositamente costituita come unica centrale dei costi. L’ex vicesindaco di Alcamo, per la magistratura, sarebbe stato dunque in grado di influire e decidere sulle nomine degli organi sociali e sulle strategie aziendali della banca. In particolare, l’esame della difesa e il controesame dell’accusa si sono concentrate sulle intercettazioni telefoniche tra il teste Asta e Perricone. Nel corso della conversazione in questione, il signor Asta informava l’ex esponente del PSI sull’andamento della propaganda elettorale, una sorta di rendiconto per la procura. Nell’ambito di quella telefonata, il signor Asta aveva passato al telefono il dottore Nuzzo, il quale prima della propria elezione, avvenuta qualche giorno dopo, ringraziava in anticipo l’ex vicesindaco per il suo interessamento. Perricone in un’altra intercettazione ambientale aveva affermato, poi, che Vito Asta era “Un suo uomo” all’interno della banca. Incalzato dal pubblico ministero, il teste ha risposto di essere all’oscuro del contenuto venuto fuori da quella intercettazione, di non sapere nulla circa le eventuali riunioni occulte e di sentirsi offeso di essere considerato un uomo di Perricone.

Linda Ferrara

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