Il progetto “Acqua-Sal”, presentato dal Comune di Marsala la scorsa settimana a Pordenone nel corso del convegno “Aquafarm”, ha destato molto interesse. Il progetto prevede la realizzazione di un’attività di acquacoltura all’interno della Riserva dello Stagnone. Più precisamente si tratta della produzione di organismi acquatici in ambienti confinati e controllati dall’uomo. A seconda del tipo di allevamento, questi ambienti possono essere peschiere, vivai o stagni. Ciò troverà la sua sede nelle cosiddette “fridde” delle Saline Genna e all’interno della Villa di fronte la spiaggetta dello Stagnone. Ci sono diversi tipi di acquacoltura. Quello che intende attuare il Comune di Marsala è volto a contribuire allo sviluppo economico del territorio attraverso la valorizzazione di attività produttive sostenibili tradizionali (sale e pescicoltura) e innovative (acquacoltura multitrofica no-food: alghe e micro alghe).
“Acqua.Sal” vede un partenariato tra l’Ente lilybetano e l’ex Provincia di Trapani che hanno stipulato un accordo con il Consorzio Universitario del capoluogo trapanese, in collaborazione con Gal Elimos (che attua progetti di sviluppo e gestisce fondi FEASR e PO FESR) e FLAG (volta alle strategie di sviluppo locale nel settore pesca), in cui la Facoltà di Biologia può condurre degli studi sulle specie di “flora e fauna” al fine di tutelare l’ecosistema. Inoltre, è prevista l’istituzione di un Centro della Biodiversità all’interno di Villa Genna. Il progetto – sorto un po’ all’improvviso nonostante già da anni si parlava di creare un Centro ad hoc all’interno della Villa a ridosso dello Stagnone – sembra proprio che si farà, perchè l’Assessorato regionale dell’Agricoltura e della Pesca ha finanziato “Acqua.Sal” per circa un milione e 200mila euro tramite il FEAMP, Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca. Un’iniziativa lodevole se non fosse per alcuni dubbi emersi dopo la presentazione dell’ambizioso progetto. Qui diciamo subito che ci fa piacere ricevere le attenzioni – sopratuttto economiche – della Regione e dell’UE in periodi difficili, per puntare su quello che è un vero patrimonio del nostro territorio, attrazione mondiale con il suo sale ed il suo tramonto, uno dei panorami più belli al mondo, senza eufemismi. Però ci preme sottolineare il forte malumore che serpeggia in questi giorni. Abbiamo per questo incontrato alcuni cittadini, zoccolo duro di una società, quella marsalese, fatta di pescatori e professionisti, di associazioni alquanto attive e di persone che amano la Riserva, che la vivono da residenti, da bagnanti, da “appassionati della domenica”.
Gente che si è sempre data da fare per il litorale, portando avanti iniziative volte alla sua salvaguardia, alla sensibilizzazione. Negli ultimi anni infatti, la Riserva sta andando verso un lento declino. I Solarium sono quasi tutti rotti. Circa un mese fa, un grosso pezzo di molo di legno galleggiava lungo la costa. L’erba incolta cresce come i canneti che hanno bisogno di una ripulita, la strada che costeggia è spesso dissestata, per non parlare dei rifiuti gettati in maniera sconsiderata fuori dai cestini e trascinata per strada da branchi di randagi. Insomma, non è proprio una buona presentazione per l’Unesco, visto che le Saline di Marsala, Trapani e Paceco sono candidate come Patrimonio dell’Umanità, percorso che al momento attuale sembra essersi arrestato. Tornando ai malumori di cui sopra, diversi cittadini ritengono che l’acquacoltura sia un grave danno per l’ecosistema della Riserva. In effetti, come sa bene GreenPeace, l’acquacoltura – che nel tempo è cresciuta – nonostante sia considerata un’attività sostenibile, dall’altro lato può causare danni alla biodiversità dell’ambiente. Le principali cause possono essere connesse ai reflui presenti negli effluenti degli allevamenti, che contengono deiezioni dei pesci e gli scarti di mangime. Non è raro che contengano pure sostanze di origine chimica.
Leggendo il Regolamento sulle “Modalità d’uso ed i divieti vigenti nella Riserva Naturale Orientata delle Isole dello Stagnone di Marsala”, all’articolo 2, proprio tra le attività vietate all’interno di una Riserva (ed anche nelle private Saline Genna che sono all’interno di essa) c’è l’acquacoltura intensiva. In quella intensiva l’alimentazione viene integrata artificialmente mediante somministrazione di alimenti naturali (pesce o cereali) o di mangimi formulati. Da qui la seria contrarietà di tanti che temono per la Riserva. Poco tempo fa, in un incontro di Legambiente a Mammacaura, l’associazione ha ribadito il timore di mettere a rischio definitivamente l’ecosistema dello Stagnone, per questo bisogna intervenire immediatamente. Adesso si aggiunge lo spettro dell’acquacoltura. Ma se più enti si vedono d’accordo a realizzare il progetto, quindi Comune, Libero Consorzio, Università con il finanziamento della Regione, vorrà dire che “Acqua.Sal” è consentito all’interno di un ambiente protetto, trovando appunto come “lasciapassare” la finalità di studio e ricerca dell’Università. Ma la vicenda sembra non finire qui. Noi la seguiremo.