Don Vito Caradonna condannato in primo grado anche per circonvenzione di incapace

redazione

Don Vito Caradonna condannato in primo grado anche per circonvenzione di incapace

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mercoledì 02 Novembre 2016 - 07:37

Nuova condanna per don Vito Caradonna. Il 41enne sacerdote marsalese ex parroco della chiesa di San Leonardo, già condannato con sentenza definitiva per tentata violenza sessuale su un uomo (e per questo sospeso “a divinis”), è stato giudicato colpevole del reato di circonvenzione di incapace nell’ambito del processo tenutosi davanti al giudice monocratico Matteo Giacalone. Un anno e 8 mesi la condanna disposta nei confronti del sacerdote, a fronte di una richiesta iniziale di 2 anni e mezzo da parte del pm Ignazia Uttoveggio.
Questi i fatti: il sacerdote chiese e poi ottenne un prestito di oltre 70 mila da un suo parrocchiano, M.D.G., ex militare della Marina con problemi di salute. Soltanto nell’ottobre del 2011, dopo alcuni assegni andati in protesto, grazie all’intervento del suo avvocato Antonino Sammartano, l’ex militare riuscì a riavere i suoi soldi. “Quando il fatto è stato denunciato – ha sempre sostenuto il difensore di don Vito, Stefano Pellegrino che lo assiste assieme al collega Luigi Pipitone –, il mio assistito aveva già restituito, con atto notarile, il denaro avuto in prestito”. E’ stato anche dimostrato che per saldare il debito, il prete vendette una casa di sua proprietà che aveva comprato poco tempo prima proprio con parte del denaro avuto in prestito. Nelle udienze precedenti l’imputato aveva sempre affermato di non avere voluto approfittare del suo parrocchiano, né di tentare di circuirlo. “Avevo bisogno di un prestito perché avevo fatto un mutuo per l’acquisto di un’abitazione – ha detto don Vito Caradonna -, a garanzia del prestito ho rilasciato degli assegni”. Nella primavera del 2012, quando scattò l’accusa di circonvenzione d’incapace, il giudice delle indagini preliminari Francesco Parrinello dispose per don Vito il divieto di dimora nel comune di Marsala. Misura cautelare che poi è stata revocata. Dall’indagine, condotta dalla sezione di Polizia Giudiziaria della Guardia di finanza e coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa e dal pm Scalabrini, è emerso che il giovane parroco aveva sempre bisogno di denaro e per questo chiedeva prestiti anche ad altri parrocchiani. Da un accertamento alla Camera di commercio, inoltre, è emerso che sono ben 17 gli assegni a vuoto protestati al sacerdote, per un ammontare complessivo di 170.454 euro. Ora si attende la sentenza.
La condanna segue quella confermata dalla Corte di Cassazione lo scorso 9 settembre, per una vicenda diversa. In quel caso don Vito Caradonna era stato ritenuto responsabile di tentata violenza sessuale ai danni di Paolo Lo Cascio. Una storia  cominciata più di dieci anni fa con la denuncia di Lo Cascio (difeso dall’avvocato Gianfranco Zarzana), che si rivolse alle forze dell’ordine riferendo di aver bevuto un caffè offerto dal sacerdote e dopo di essersi sentito “come stordito”.
Da tre anni il sacerdote è stato sospeso “a divinis” dal vescovo Domenico Mogavero. Questo provvedimento dell’ordinamento canonico comporta l’esclusione di ogni atto legato all’ordine sacerdotale e, quindi, l’impossibilità di celebrare sacramenti e di impartire benedizioni. Non comporta, invece, la privazione dell’abito ecclesiastico e non esonera dagli obblighi connessi con lo stato di vita di ministro ordinato.

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