Il selfie ovvero l’autoscatto che cambia etichetta

Claudia Marchetti

Il selfie ovvero l’autoscatto che cambia etichetta

Condividi su:

lunedì 16 Maggio 2016 - 17:40

Una nuova moda? Molti dicono così. Perché le innovazioni che “rompono” col passato sono sempre accolte in modo critico negativo? C’era una volta l’autoscatto: l’autore di una foto, se voleva essere ripreso nel gruppo doveva programmare nella macchina fotografica il timer e in un tempo velocissimo raggiungere gli altri per poter essere ripreso dallo scatto. L’evoluzione delle tecnologie digitali ha recentemente creato il “selfie” parola derivata dall’inglese che indica un autoscatto generato da una fotocamera digitale, uno smartphone, un tablet o una webcam puntati verso sé, da soli o con altri. Il termine è stato definito dall’Oxford English Dictionary nel 2013, che lo ha considerato anche “parola dell’anno” e solo nel 2014 il vocabolario Zingarelli ha preso atto dell’ingresso del vocabolo nella lingua italiana. Lo scopo di chi effettua il selfie è condividere la foto sui social network, questo tipo di scatto che risulta comodo, semplice e veloce, non prevede necessariamente una cura dello sfondo ed è quindi assente l’intento artistico, escludendo di fatto la natura del tradizionale autoscatto amatoriale.

L’abitudine di ricorrere al selfie è aumentata, e gli utenti non si trovano solo fra i più giovani, ma appartengono a tutte le età. Ormai è diventato uno strumento di comunicazione in una società dell’immagine: con il selfie ci si pone al centro del colloquio continuo e aperto che da anni viene costruito sui web sociali. Ma il selfie è soltanto questo? Ovvero è uno dei figli del cambiamento del nostro modo di comunicare? Negli ultimi anni si scrive sempre meno e si comunica sempre più attraverso immagini o filmati, nei quali la parola scritta serve solo per dare un titolo e non viene più usata per esprimere sentimenti concetti idee, insomma si affida tutto all’immagine. La comunicazione piuttosto che raccontare dei propri sentimenti sembra che sia diventata solo una cronaca di ciò che succede lasciando al destinatario il compito di valutare. Non si comunica di se stessi ma delle situazioni, degli avvenimenti, dei fatti. E se anche il selfie può essere considerato da alcuni un “narcisismo” credo che sia legato più ad un bisogno di attenzione e una voglia di contatto, infatti il destinatario non è se stesso, ma è costituito dagli altri e dalla chat che si attiva al momento della pubblicazione in rete, insomma è un offrire se stessi agli altri e perché no anche accoglierli nella reciprocità della condivisione.

Maria Grazia Sessa

Condividi su: