Abbiamo pubblicato, nei giorni scorsi, una lunga intervista di un sindacalista che si occupa del settore agricoltura nella nostra provincia. Tra le altre cose cose ci ha spiegato come il prezzo che gli imprenditori del settore vitivinicolo pagano ai produttori sia tanto basso che quest’ultimi abbandonano la produzione. Insomma i giovani (ma anche chi questa attività la svolgeva da decenni) stanno abbandonando la terra. Ma noi, ci siamo chiesti, che siamo i fruitori finali dei prodotti, che c’entriamo? Da tempo ormai (giustamente), i media ci bombardano con interventi sulla qualità del prodotti. Lo ripetiamo è giusto conoscere da dove arriva il prodotto che mettiamo nelle nostre tavole. Siamo interessati a conoscere come e con quali sistemi sono coltivati i frutti e gli ortaggi e, aggiungiamo noi a cui la carne piace, cosa mangiano le mucche e i maiali che arrivano sotto forma di cibo, nelle pentole di casa. Ma su quelle fragole a due euro, su quell’uva ad 1,50, sulle patate a pochi centesimi al chilo quanto è il guadagno del raccoglitore? Le fragole, per esempio ma anche le arance, sono raccolte a mano e secondo dati degli organismi confederali in Italia occorrono 4 mila ore di lavoro all’anno per ettaro. Facile pensare che per tenere prezzi bassi questa raccolta sia effettuata da manodopera sottopagata e che viga il fenomeno del caporalato. Recentemente si è scoperto che questo sistema vige per esempio nel civilissimo, sia detto senza ironia alcuna, Piemonte. Qui i “caporali” erano attivi nella vendemmia dell’uva moscato a Canelli o nella raccolta delle mele a Saluzzo. Nel Sud il fenomeno è ancora più diffuso, anche perché il caporalato viene da lì. Ma il discorso qui si fa ancora più complesso. E’ vero, c’è lo sfruttamento, soprattutto di extracomunitari, ma val la pena chiedersi anche: quanto guadagna l’imprenditore agricolo al giorno d’oggi? Quanto del prodotto finale gli rimane in tasca? Insomma, forse è il caso che quando vediamo i carciofi al costo di un euro ogni cinque, le fragole e l’ uva (“dolcissima”) a due euro al chilo, magari provassimo a pensare a cosa ci sta dietro prima di mettere mano al portafoglio. Dovremmo riflettere sul meccanismo perverso che vede anche noi protagonisti. Poi, ne siamo sicuri, continueremo a cercare il prodotto più a buon mercato…
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