La seconda sezione penale della Corte d’Appello di Palermo ha riformato, in parte la sentenza di primo grado, a conclusione del secondo grado di giudizio del processo che vede imputati 13 dipendenti dell’Agenzia delle entrate di Marsala (Tp) ai quali è stato contestata  l’ipotesi di reato di truffa allo Stato. L’indagine, avviata in seguito a una segnalazione anonima, dalla sezione di pg della polizia presso la Procura di Marsala, riguarda dei controlli anti-assenteismo e fa riferimento alle cosiddette “pause caffè” che secondo l’accusa sarebbero state tali da integrare l’ipotesi di reato contestato. Non della stessa opinione gli avvocati difensori degli indagati, i legali Stefano Pellegrino, Gianpaolo Agate e Tiziana Carpinteri.
“Le uscite contestate sono di pochi minuti. Rilevate, tra l’altro, nel periodo in cui nell’ufficio non c’era neppure una macchinetta per fare il caffè. E la Cassazione ha già sancito che la pausa caffè non costituisce reato”. D’altronde le uscite dal luogo di lavoro venivano poi generalmente recuperate rimanendo per un quarto d’ora dopo le 14. Dunque i legali hanno fatto riferimento a precedenti sentenze che in primo grado hanno convinto il GUP di Marsala, ma non è andata così in appello. Per i sette soggetti la condanna è di 5 mesi e duecento euro di multa con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario. Gli avvocati hanno già fatto sapere che ricorreranno in Cassazione, in ragione di tante altre sentenze assolutorie per vicende analoghe. È stata invece riconfermata l’assoluzione per altri quattro impiegati.