Nei giorni scorsi, l’Unesco ha conferito un prestigiosissimo riconoscimento al nostro territorio, inserendo la coltura ad alberello da cui si produce lo zibibbo di Pantelleria nella lista dei patrimoni materiali dell’umanità. Come ha ricordato anche il Ministro Martina, è la prima volta che una pratica agricola ottiene un riconoscimento del genere, ratificato dal parere positivo di tutti i 161 componenti dell’assemblea di Parigi, chiamata a pronunciarsi sull’istanza.
E’ giusto che in queste ore esultino i produttori e gli abitanti di Pantelleria. Ma è pur vero che ogni cittadino del trapanese è legittimato ad esserne orgoglioso. In campagna elettorale o nei convegni per addetti ai lavori, si ricorda spesso che la provincia di Trapani è il territorio più vitato d’Italia (secondo alcuni, d’Europa). Ma poi si fa fatica a immaginare questo dato nella sua naturale ottica di riferimento. Solo negli ultimi anni, infatti, si è cominciato a capire anche da noi che la produzione vinicola non è un affare che coinvolge solo chi lavora nel settore o i fruitori del Marsala, del Passito o del vino da tavola. Ma riguarda un po’ tutti, con un potenziale incredibilmente ampio. Il turismo enogastronomico è in continua crescita, tanto da costituire una delle principali motivazioni (seconda solo all’arte) nella programmazione di un soggiorno in Italia. A maggior ragione se il territorio di riferimento può godere di condizioni climatiche favorevoli, su un patrimonio storico e culturale di grande valore e su una buona rete di collegamenti. Come testimoniano diverse ricerche condotte in questi anni, il riconoscimento Unesco in sé non porta automaticamente benefici in termini di presenze turistiche. Se però viene accompagnato da azioni e investimenti da parte degli operatori locali, allora il discorso cambia. E’ per questo che adesso tocca alle istituzioni, ai produttori, a chi lavora in ambito turistico a Pantelleria, mettere a frutto quest’opportunità con politiche mirate.
Agli altri territori, tra cui Marsala, che ambiscono a rientrare nella lista Unesco, tocca invece prendere esempio dalla Perla Nera del Mediterraneo o dalle Langhe, il cui paesaggio vitivinicolo è stato inserito tra i siti Patrimonio dell’Umanità. Non basta avere i requisiti in ambito storico, artistico o ambientale. Occorre anche saperli presentare, con progetti seri e strutturati nel tempo, lavorando con una continuità che spesso è mancata anche rispetto a tanto altro. Ed è proprio nell’elenco delle occasioni perdute che possiamo trovare molte delle ragioni del nostro declino.
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