Alcuni chiamano impropriamente questi giorni “feste dei morti” ma, ricordando come vivevo da bambina il periodo dei primi di novembre, mi sembra non proprio indelicato dare questo nome che fa pensare ad allegria e divertimento. Si, perché per me quei giorni avevano un che di misterioso e di sacro, vedevo bancarelle colme di doni e bambini che sognavano ciò che avrebbero desiderato avere dal nonno o dalla nonna o da qualsiasi persona defunta della loro famiglia. I genitori inculcavano l’idea che i morti erano sempre vicini ai loro cari sulla terra e ai bambini specialmente volevano dimostrare il loro affetto che non era svanito solo perché non erano più presenti. Mia madre mi fece amare un nonno mai conosciuto perché era morto prima della mia nascita dicendomi. “ Nonno Giovanni ti vuole bene e ti è vicino, non ti ha conosciuto, ma ti vede dall’alto, conserva il dono che ti farà come il segno più grande del suo amore”. Noi ora, adulti e disincantati, vorremmo che quell’aria di magico stupore ci invadesse ancora in questi giorni che invece ci riportano alla triste realtà di persone care che non ci sono più o al pensiero che prima o poi anche noi faremo parte di coloro che ci hanno preceduto. Ma continuiamo a sperare che anche per noi ci sarà quel contatto d’amore che ci lega ai nostri nipoti e qualcuno dirà loro che nella notte non sarà quella vecchia sulla scopa a portare dei doni, ma un’anima bella col viso del nonno o della nonna o qualche volta purtroppo anche del papà o della mamma. Amiamolo questo mistero, e anche se i nostri piccoli ormai sono figli della tecnologia e dell’informatica, facciamo in modo che sappiamo mantenere saldi quei valori in cui gli affetti familiari oltrepassano la morte per vivere eterni in un mondo dove nulla ha più fine.
Sebastiana Piccione