Quarantacinque anni dal terremoto. E ancora si parla di ricostruzione e di sviluppo. La Valle del Belice commemora i morti ma torna a sperare. Con la celebrazione eucaristica nella chiesa della Santissima Trinità a Salaparuta, presieduta dal Vescovo della Diocesi di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, si sono aperte ieri le celebrazioni per il 45° anniversario del terremoto del 1968 (a dx la copertina dell’Unità del 16 gennaio 1968), che si concluderanno martedì a Gibellina. Chiesa gremita di cittadini e in prima fila rappresentanti delle istituzioni a più livelli: dai parlamentari regionali e nazionali del territorio a sindaci di alcuni paesi del Belice. «Qui la terra porta ancora i segni di quelle ferite profonde – ha detto il Vescovo nella sua omelia – ma ancor di più l’animo di tanti suoi figli fu inaspettatamente e dolorosamente segnato da quello sconvolgimento della terra che cancellò una storia, che ancora oggi non si riesce a riscrivere. Perché – ha detto ancora Mogavero – agli sforzi di tanti non è corrisposta l’adesione fattiva e solidale di chi avrebbe dovuto esercitare un’azione saggia e promozionale finalizzata a far diventare la tragedia della Valle una ferita del Paese, approntando con intelligenza progettuale le risorse per la ricostruzione strutturale dei paesi terremotati e soprattutto per ricostruire il tessuto umano e produttivo del Belice. E invece, anno dopo anno, la ricorrenza-anniversario assume sempre più i tratti di un rituale stanco e ripetitivo di commemorazioni, appelli e rimostranze».
Dopo 45 anni, infatti, la ricostruzione, non è stata ancora conclusa: mancano 390 milioni di euro. Ma si guarda allo sviluppo, «oltre il terremoto» ha detto il coordinatore dei sindaci Nicola Catania, che ha dato a sua volta lettura del messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Le drammatiche conseguenza di quel sisma impongono un responsabile impegno a ripristinare con celerità ed efficacia i tessuti sociali ed economici devastati – ha scritto Napolitano – si operi affinché i processi di trasformazione del territorio siano realizzati con l’attenzione dovuta a sicurezza, incolumità, rispetto dell’ambiente e le sue insostituibili risorse».
“La politica e l’intero mondo delle istituzioni hanno il dovere e l’obbligo di impegnarsi a far ripartire quel processo di ricostruzione iniziato tanti anni fa e mai concluso – ha scritto in una nota il deputato regionale Antonella Milazzo -. Bisogna creare le condizioni di sviluppo in un territorio dotato di innumerevoli risorse e dalle grandi potenzialità. La Valle del Belice è un’area di fondamentale importanza dal punto di vista agricolo,culturale e naturalistico e come tale va valorizzata e tutelata. Un’idea di sviluppo assolutamente inconciliabile con quella di chi vorrebbe fare del Belice una terra deturpata dalle trivelle petrolifere”. E a tal riguardo l’onorevole Milazzo ha ricordato che Il prossimo 29 gennaio l’Ars affronterà il tema delle trivellazioni sulla terra ferma e off-shore, ribadendo che nell’esercizio della propria funzione di parlamentare regionale intende impegnarsi affinchè nella Valle del Belice e nell’intero territorio siciliano ciò non avvenga.
Una lettera ai sindaci e ai presidenti dei Consigli comunali della Valle del Belice è invece stata mandata dal segretario generale della Cgil Tp Mimma Argurio e dal responsabile della Cgil per la Valle del Belice Giuseppe Canzoneri:
“E’ necessario che nel Belice vi sia un apparato burocratico più agile – si legge nella missiva – in grado di dare risposte tempestive e chiare alle aspirazioni di tutti i cittadini; non è più prorogabile la costituzione di un tavolo di concertazione permanente che unisca, per lo sviluppo e la programmazione, forze sociali, politiche, imprenditoriali, sindacali e di categoria se si vuole tracciare, con maggiore incisività, la via dello sviluppo e dell’occupazione. La Cgil riconosce il ruolo combattivo e tenace svolto dalle Amministrazioni comunali della Valle del Belice in questi quarantacinque anni per la ricostruzione dei paesi e per lo sviluppo economico e oggi, proprio ai comuni, chiede di continuare a essere punto di riferimento per l’affermazione della legalità e dei valori di libertà e di democrazia che rendono realmente libero ogni singolo cittadino”.