In questi giorni la comunità locale ha accolto con sentimenti diversi le notizie riguardanti l’ex Vescovo di Messina Calogero La Piana. Una vicenda che dalle colonne del settimanale L’Espresso ha fatto il giro del web, con l’inevitabile corollario di sentenze virtuali. Sotto accusa le ultime volontà di un uomo che ha lasciato i suoi averi a monsignor La Piana, dicendo di esserne stato l’amante. Non è mio costume entrare nel merito degli articoli scritti dai colleghi, che sono certo si saranno adeguatamente documentati. Al massimo, potrei ritenere discutibili alcuni passaggi riguardanti la vita privata del prelato che non hanno nulla a che fare con eventuali accuse di malversazione. Tuttavia, in questa sede, non intendo indossare le vesti dell’avvocato difensore di monsignor La Piana. Non ne avrei i titoli. Ritengo però doveroso portare qui alcuni personali ricordi del periodo in cui l’ex Vescovo fu alla guida della Diocesi di Mazara del Vallo, prima dell’arrivo di monsignor Domenico Mogavero. Ricordi legati all’inizio della mia attività giornalistica che mi portarono più volte a incrociare La Piana negli anni in cui fu Vescovo di Mazara.
Il suo arrivo, al posto del discusso Emmanuele Catarinicchia (fermatosi nel mazarese 15 anni), fu una boccata d’aria fresca per la Diocesi. Di formazione salesiana, La Piana si mostrò subito attento al dialogo interreligioso, prese posizioni coraggiose contro la mafia e si spese concretamente per contrastare tra Marsala, Petrosino e Mazara la realizzazione di quella che doveva essere “la più grande distilleria d’Europa”. Un progetto portato avanti dalla famiglia Bertolino di Partinico e sponsorizzato alla Regione dall’ex assessore al territorio e all’ambiente Bartolo Pellegrino. Ricordo i volantini fatti distribuire dal Vescovo in tutte le chiese della Diocesi per sensibilizzare i fedeli su questa vicenda, facendo riferimento all’enciclica sulla tutela del creato di Giovanni Paolo II. Gli studenti, i cittadini e modestamente anche noi di questa testata (che ci opponemmo con determinazione al progetto della distilleria Bertolino) ci ritrovammo un alleato importante in una fase molto delicata di una battaglia civile che non vide i partiti e sindacati del territorio fare fronte comune ed esporsi con altrettanto coraggio. Fortunatamente l’impianto non fu realizzato, ma poco tempo dopo la sua sortita Calogero La Piana fu trasferito da Mazara, dopo neanche tre anni. In una successiva occasione pubblica, l’ex Vescovo partecipò assieme a don Meli e alla giornalista Bianca Stancanelli a un dibattito dedicato ai rapporti tra Stato e mafia. Gli chiesi se alla base del suo trasferimento vi fosse proprio quella sua presa di posizione contro la Bertolino. Sorrise e diede una risposta molto diplomatica che a tutti i presenti suonò come una mezza ammissione. Non lo incontrai più e con il ricordo di quegli anni non intendo in questa sede assolverlo da alcunchè (anche qui, non ne avrei nessun titolo). Da sempre sono però convinto che nella valutazione dei fatti vada presa in considerazione quanto più possibile la biografia delle persone.
Ed è proprio in questi aspetti, a ben vedere, che può trovare davvero sostanza quel principio di presunzione di innocenza a cui, formalmente, troppo spesso ci si appella.