Venerdì 11 agosto, alle ore 19:00, a Marsala, presso il chiostro dell’ex Convento del Carmine, si terrà lo spettacolo teatrale L’uomo che ha appena smesso di fumare (continuando a fumare) Un paradossale Riccardo III, tratto dall’omonima opera di Francesco Mercadante, con la regia e adattamento di Massimo Graffeo.
Sulla scena lo stesso Graffeo, Fabiola Filardo e la giovane attrice Victoria Stortiero. L’evento è patrocinato dal Comune di Marsala e sostenuto dai seguenti sponsor ASSUD Nella persona di Ignazio Passalacqua, Mario(Mix) Ottoveggio, studio dentistico Cammareri nella persona di Domenico Cammareri ai quali va un sentito ringraziamento. Un ringraziamento speciale all’Ente Mostra di Pittura di Marsala. Un grazie anche all’amico Pietro Pellegrino che presenterà l’evento. L’ingresso per il pubblico è gratuito
SINOSSI
Quest’uomo che ha appena smesso di fumare viene fuori da un buco dell’esistenza; abbandona quasi subito il soprabito letterario e si presenta al pubblico con la massima “il mio pensiero è azione”: allora, è irriverente, dispotico, ingannevole e mefistofelico, allo stesso modo in cui è divertente, intelligente, intraprendente, appassionato, ingegnoso e, a tratti, quasi romantico. Il suo obbiettivo è, apparentemente, la gloria che potrebbe giungergli dall’ottenimento dell’eredità regale, sebbene non sia facile capire quale tra le tante ombre dell’orgoglio e della fama lo incalzi e lo frustri. Gli si oppongono le donne del proprio parentado, di cui non può fare a meno, ma che non esita a rifiutare o, addirittura, a maltrattare entro i confini invisibili di una saga della lotta tra l’uomo e l’occulta forza uterina: l’intrigo, la morte e il desiderio sensuale sono la connotazione autentica, conseguenza inevitabile, del meccanismo di rimozione. Riccardo III appartiene a noi, è uno di noi, tra di noi, ma è più coraggioso di noi: è perfettamente in grado di uccidere con freddezza chi tenta di ostacolarlo e, poco dopo, proporre un amplesso alla presunta amante di turno; è primitivo e bestiale perché non è più protetto o contenuto da alcuna membrana sociale.
(Francesco Mercadante)
Grandi avventure ci aspettavano tra
le strade del quartiere nei luoghi più segreti e nascosti delle palazzine
popolari, noi ragazzini, diventavamo, in un gioco improvviso e consueto,
cavalieri, principi, tiranni, piccoli guerrieri impavidi, attori fantastici
finché non fosse giunta l’ora della cena…e ci si rivede domani. I calzoncini
strappati, le ginocchia sbucciate, qualche testa rotta, grida, sorrisi, voci di
madri che richiamano al calar del sole i loro figli, figli che rispondono che
ancora non è tempo di rinunciare…Una memoria che sa di sale…preziosa come il
sale…da questa memoria comune, mia e di Francesco Mercadante, vissuta in tempi
diversi, ma assolutamente simile nasce l’idea di questo testo teatrale. Chiesi al mio amico di scrivere un testo
teatrale, un testo, di cui avrei curato la regia, che mostrasse un inedito
Riccardo III, di Shakespeare, ma non più di Shakespeare: un Riccardo uomo, mai
visto prima, impegnato a risolvere per sé e per il pubblico (al quale continuamente
si rivolge) la spinosa corrispondenza tra ‘pensiero’ e ‘azione’. Il
protagonista a cui l’autore ha dato vita incarna perfettamente il Teatro
stesso: irriverente, poeta, musico, crudele assassino, spietato giocoliere
della parola. Ad affiancarlo solo un’attrice, cui sono affidati diversi ruoli
(anche maschili): Fabiola Filardo. Lei, ora antagonista ora alter ego, cambia
pelle continuamente e scandisce l’evoluzione dei non ragionamenti di Riccardo.
Il testo originale non prevede un terzo personaggio in scena la mia regia lo ha previsto è maschera della
memoria, dirige la messa in scena, suggerisce la battuta. il suo costume di
scena è anch’esso riflesso d’un tempo lontano Sfoglia avidamente il canovaccio
come un direttore d’orchestra o un burattinaio, operando al confine tra
personaggio e fonico di palcoscenico. Ma chi sono, in realtà, Riccardo e il
poliedrico personaggio femminile (cameriere/Giulietta/Elisabetta/donna)? La
domanda porta con sé numerose implicazioni, soprattutto a proposito del loro
essere teatranti, shakespeariani, reali o fittizi, per vocazione autentica o
per convenienza. Quindi? Chi sono? Sono due prigionieri del Teatro? Certo,
anche. Ma sono anche prigionieri della loro incompiutezza e transitorietà,
tirannicamente manipolati dal drammaturgo. Così, paradossalmente, la scena
diventa anche lo strumento della loro liberazione e del loro incontro/scontro
col pubblico.
La messa in scena è stata frutto di un lungo percorso di ricerca: il testo,
marcatamente poetico e filosofico, presentava non poche difficoltà
drammaturgiche che hanno costretto me, come regista in primis e come interprete
poi, insieme alla collega, a un lavoro lungo ed accurato sia sulla costruzione
della relazione tra i due personaggi, ma soprattutto sulla negazione della
relazione stessa, sia sul loro rapporto con il Teatro e con la recitazione. Uno
studio che mi ha condotto ad originali soluzioni entro le quali si alternano il
drammatico, il comico e il grottesco su un onnipresente substrato di ironia,
cifra tipica di tutta l’opera.
La musica scelta e le sonorità da me create ad hoc, vestono e caratterizzano
l’azione scenica come una vera e propria “scenografia sonora”. L’opera è un
ATTO UNICO, ma ho comunque creato uno stacco interno, sottolineato da un ‘buio’
e un cambio di registro musicale: inizialmente la colonna sonora è classica,
con Paganini in primo piano; poi, si passa ad avvolgenti ed incisivi accordi
Blues. Le canzoni interpretate dai due protagonisti sono versi originali di F.
Mercadante, da me messi in musica.