In vista dell’imminente riapertura delle attività commerciali che prevedono il contatto con il pubblico, come bar, ristoranti e pizzerie, l’associazione Codici ha deciso di puntare l’attenzione su un aspetto finora secondo loro rimasto marginale.
“In vista del 18 maggio, la data che dovrebbe segnare l’inizio della vera Fase 2, si parla molto di cosa cambierà per i cittadini, ma poco di quello che attende chi tornerà al lavoro – afferma l’associazione in una nota stampa -. Il Decreto Cura Italia ai fini dell’erogazione delle prestazioni Inail, equipara i casi di infezione da Covid-19 sul posto di lavoro all’accertamento di ogni altro evento infortunistico. Un eventuale contagio di un dipendente, quindi, sarebbe considerato un infortunio sul luogo di lavoro, ai fini della relativa assicurazione obbligatoria”. Secondo quanto spiega l’avvocato Vincenzo Maltese, componente dell’Ufficio Legale di Codici Sicilia, questa disposizione comporta delle delicate criticità interpretative, sia dal punto di vista delle modalità di accertamento delle infezioni da Coronavirus in occasione di lavoro, fatte di presunzioni ed indizi, sia delle misure che il datore di lavoro deve porre in essere per scongiurare ogni rischio di contagio e, dunque, essere esente da qualsivoglia responsabilità di natura civile e penale.
“È evidente – sottolinea Maltese – che questa indeterminatezza potrebbe portare gravi e sproporzionate conseguenze per i datori di lavoro se non verrà espressamente adottato un elenco dettagliato e circoscritto di misure precauzionali. Per queste ragioni riteniamo che il Governo debba circoscrivere ogni automatica estensione giudiziaria della norma per evitare pretestuose azioni con finalità risarcitorie e, al tempo stesso, abbiamo deciso di scrivere al Prefetto di Trapani per sollecitare le istituzioni locali a fare chiarezza sulle misure che i titolari dovranno applicare per tutelare i propri dipendenti”.