Il giornalista Antonello Piroso lo ha definito “il cassamortaro del Movimento 5 Stelle”. Appellativo probabilmente eccessivo, ma che rischia di rivelarsi profetico se i pentastellati resteranno ancora a lungo al governo con Matteo Salvini. Al di là delle dichiarazioni post voto, è evidente che Luigi Di Maio si trova davanti a un bivio, in cui ogni opzione appare parimenti rischiosa. Da un lato c’è l’accordo di governo con la Lega, che comprende diversi punti cari al Movimento ancora da realizzare. Un passo indietro attirerebbe sui 5 Stelle l’offensiva mediatica di Salvini, che sarebbe ben lieto di tornare alle urne in posizione di forza, ridisegnando un Parlamento a maggioranza leghista. Dall’altro c’è la consapevolezza che gran parte dell’elettorato in fuga dalla sinistra, dopo aver scommesso lo scorso anno sui pentastellati non ha mai digerito il patto con Salvini e sta progressivamente orientando i propri consensi verso altri soggetti politici. Tutto ciò, mentre gli ex sostenitori del centrodestra, di fronte alla crescita della Lega (e in misura minore di Fratelli d’Italia) stanno tornando a votare i loro partiti di riferimento.
Grillo e Casaleggio sanno bene che per cambiare rotta e provare a costruire un’alternativa alla coalizione gialloverde ci vorrà un altro leader. Uno come Roberto Fico, ad esempio, che da presidente della Camera ha scelto un profilo istituzionale, non rinunciando a qualche distinguo su “questione morale” e immigrazione. O, in seconda battuta, come il premier Conte, che in questi mesi è cresciuto in termini di popolarità e consenso. A meno che non si decida si tornare alla politica dell’isolamento, puntando tutto su Alessandro Di Battista, amato dalla base ma divisivo come pochi altri. Di fronte a un simile rompicapo, rimane una certezza: andare avanti sarebbe un suicidio politico. Se in un anno i pentastellati hanno dimezzato i propri consensi, c’è il fondato rischio che tra quattro anni finiscano nella totale irrilevanza, passando alla storia per la rapidità con cui si è consumata la loro parabola. E a quel punto, se non proprio come “cassamortaro”, Luigi Di Maio verrà ricordato quantomeno come il liquidatore fallimentare di un progetto coraggioso, rivoluzionario, ma estremamente fragile.