Ivana Mannone, cantante di musical, attrice, ballerina, è tutto quello che è una performer a 360° gradi. Partita da Marsala con grinta, sapeva già in che direzione veicolare il suo brillante futuro. E si racconta in un’intervista tra origini e obiettivi.
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Quanto è difficile per un’artista che parte dalla Sicilia, lasciare tutto e farsi spazio nel tortuoso mondo dello spettacolo?
Parecchio difficile perchè necessario, bisogna per forza spostarsi per frequentare un’accademia di musica che ti forma in maniera completa. Ti insegnano canto, ballo e recitazione. Si può essere grandi talenti ma in questo mestiere è fondamentale studiare e anche dopo le accademie bisogna studiare sempre, per mantenere la voce e il corpo attivo.
Sin da piccola ti sei approcciata nella tua città al mondo del musical che ti ha affascinato. E la musica è di famiglia anche perchè tuo fratello è un musicista. Dopo il diploma, non hai avuto dubbi sul tuo percorso?
No. Ho deciso di intraprendere questo cammino a 12 anni, grazie al corso di musica presso la scuola di Gilda Ottoveggio – che mi ha dato una preparazione tecnica che mi sono ritrovata negli anni – con Massimo Pastore e Roberta Caly ed è lì che ho deciso che sarebbe diventato il mio lavoro. Poi ho fatto il Liceo Scientifico, mi sono interessata a medicina, ma l’ingresso all’Accademia di Parma ha concretizzato il mio desiderio.
Qualche porta in faccia, come accade nella vita, ma hai tirato dritto con determinazione calcando i palchi più importanti d’Italia, con musical di fama mondiale, Mary Poppins, 7 spose per 7 fratelli, A chorus line, poi – più recentemente – Cabaret, Prova a prendermi. Come vivi il confronto con i grandi maestri, come Arturo Brachetti, per esempio?
I grandi artisti con cui ho collaborato, penso a Brachetti, ma anche a Diana Dal Bufalo, sono anche persone umili e disponibili. Arturo è un pozzo di conoscenza ed è bello condividere il palco con loro perchè ti raccontano tanto dietro le quinte. Durante Cabaret lo osservavo tanto, perchè dietro un artista c’è una preparazione e un rigore, dal trucco ai vestiti.
Essere una performer a livelli così alti, richiede un lavoro duro su se stessi, sia fisico che mentale. Come affronti fisicamente e psicologicamente il palco e il lavoro che c’è dietro un musical?
E’ un lavoro duro, precario, bisogna sempre fare audizioni per assicurarsi il lavoro. Mi ritengo fortunata perchè da quando ho finito l’Accademia ho sempre lavorato. Bisogna sempre essere pronti, sul pezzo. E’ un mestiere che richiede anche caratteri forti, altrimenti ci si mette in discussione. Per ogni spettacolo ed ogni produzione può capitare di non andare bene per un determinato ruolo o ensemble.
Hai anche recuperato il tip tap e lo hai portato in giro…
Io e il mio compagno Cristian Catto abbiamo ideato un format, il Teatro d’IC, facciamo tante serate nella zona in cui viviamo, Monferrato, in Piemonte. E’ una grande passione. Il ritmo è di casa e mi piace l’idea che possa suonare uno strumento anch’io, i miei piedi…
Con “Musical Maestro”, un workshop, sei passata anche in cattedra. Tu insegni infatti?
Insegno per il vero da quando ho 16 anni, a Marsala mi affidarono delle classi di hip hop; poi ho insegnato all’Accademia di Parma e ora in una scuola e in un’Accademia di Torino. Mi piace vede il frutto del mio lavoro sugli altri. E poi, quando le gambe non reggeranno più, spero diventi la mia unica professione. Non è un’alternativa e basta, è un ottimo piano B.
Quale maestro o quale momento ti ha fatto credere che volevi fare musical?
A 12 anni a Marsala, ero abbastanza decisa. Gli insegnanti che ho avuto sono stati tutti validi. Gilda Ottoveggio mi ha donato una preparazione tecnica che poi mi ha aiutato tanto in Accademia e nelle audizioni.
Il prossimo impegno in tour?
Dovrei ripartire in tour con “7 Sposi per 7 fratelli” e “Prova a prendermi”, ma non posso svelare molte cose, è ancora tutto in divenire.
Ivana, Brodway è un sogno per chi fa questo mestiere, senz’altro. Il tuo qual è?
Dico subito che Broadway non è il mio sogno perchè non desidero andare via dall’Italia, cosa che molti miei colleghi fanno, soprattutto per andare in Germania. Nel nostro Paese lavorare in maniera costante è quasi impossibile, ci sono poche offerte di lavoro. Un sogno potrebbe essere aprire una scuola mia.