Sotto il sole di tufo: Favignana com’era un secolo fa

redazione

Sotto il sole di tufo: Favignana com’era un secolo fa

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lunedì 02 Giugno 2025 - 07:00

Un secolo fa, Favignana – la maggiore delle isole Egadi, a pochi chilometri dalla costa occidentale della Sicilia – era un mondo a sé, sospeso tra mare, vento e pietra. Era il 1920 circa, e l’Italia usciva stremata dalla Prima Guerra Mondiale. In quell’epoca, la modernità bussava alle porte delle grandi città, ma a Favignana la vita scorreva ancora secondo ritmi antichi, scandita dal ciclo delle stagioni e dalla pesca del tonno. Al centro della vita economica e sociale dell’isola c’era la tonnara Florio, una delle più importanti del Mediterraneo. Fondata nella seconda metà dell’Ottocento dalla ricca famiglia Florio di Palermo, la tonnara era un’industria avveniristica per quei tempi: macchine per la lavorazione del pesce, impianti di conservazione, e soprattutto un’organizzazione che coinvolgeva centinaia di uomini – i tonnaroti – che ogni anno, tra aprile e giugno, affrontavano il mare per la “mattanza”, la tradizionale e cruda pesca del tonno.

Favignana non era ancora una meta turistica. Era un’isola povera ma viva, abitata da famiglie di pescatori, contadini e operai della tonnara. Le case erano semplici, molte scavate nel tufo, la pietra porosa che caratterizza tutto il paesaggio isolano. Il tufo veniva estratto a mano dalle cave e utilizzato per costruire abitazioni o esportato via mare verso la Sicilia. Questo lavoro duro modellava anche il paesaggio: pareti a gradoni, cave dismesse trasformate in orti o rifugi. La popolazione era composta da poco più di 3.000 abitanti. La vita quotidiana era dura e comunitaria. Le donne accudivano la casa e i figli, gli uomini erano spesso in mare. Il dialetto siciliano dominava, e l’italiano era lingua delle istituzioni o della scuola, seppur pochi bambini potessero permettersi un’istruzione continuativa.

L’isola era isolata, nel vero senso della parola: niente telefono, pochi collegamenti marittimi, e solo sporadici contatti con Trapani o Palermo. Le comunicazioni dipendevano dal mare e dal tempo. Ma proprio questo isolamento proteggeva Favignana dalla frenesia del mondo moderno, preservandone le tradizioni, i saperi locali e la profonda connessione con la natura. La religione giocava un ruolo centrale: le feste patronali erano momenti di grande partecipazione popolare, fatti di processioni, canti, e riti collettivi che rinsaldavano l’identità degli isolani. Oggi, Favignana è un’isola di turismo, con acque cristalline e resort, ma basta chiudere gli occhi per sentire ancora l’eco delle voci dei tonnaroti, il suono del vento tra le cave di tufo, e il profumo del mare che, cento anni fa come oggi, continua a plasmare il cuore dell’isola.

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