La memoria perduta e le nuove deportazioni

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

La memoria perduta e le nuove deportazioni

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lunedì 27 Gennaio 2025 - 06:30

Ottanta anni fa è accaduto che un gruppo di rappresentanti della specie umana teorizzò che altri rappresentanti della stessa specie valessero meno di loro. Prevalentemente si trattava di ebrei, ma il principio poteva essere applicato anche ai rom, agli omosessuali, ai disabili, ai comunisti. Inizialmente furono indicati come la principale causa dei problemi di chi versava in condizioni economiche critiche, perchè non aveva un lavoro o un tetto sulla testa. Poi il discorso si allargò, fino a far sembrare che tutti i problemi e le ingiustizie maturate nei secoli fossero da addebitare agli ebrei. La propaganda creò le condizioni per rendere quasi accettabile l’approvazione di leggi speciali che cacciassero gli ebrei dalle scuole o dagli uffici pubblici. Il passo successivo fu la deportazione nei campi di concentramento, che presto diventarono teatro delle peggiori atrocità. Le cronache parlano di sei milioni di morti, tra fucilazioni sommarie, torture, camere a gas. Chi è sopravvissuto all’orrore si porta dietro ferite non rimarginabili, che lo hanno accompagnato per il resto della vita. C’è chi ha scelto il silenzio, provando a dimenticare. C’è chi ha sentito il dovere di raccontare, di contribuire alla costruzione di una memoria condivisa con l’obiettivo di scongiurare un bis.

A ottant’anni dall’apertura dei cancelli di Auschwitz, tuttavia, ci ritroviamo a pensare che mai come oggi il mondo sembra aver dimenticato quella lezione. Per carità, le ingiustizie ci sono sempre state, in ogni parte del mondo. E ci sono sempre stati i negazionisti, quelli che continuavano a dire che l’orrore della Shoah era un’invenzione, che i numeri delle vittime dei campi di concentramento erano stati artatamente gonfiati dagli storici. Oggi, la sensazione è che i deliri negazionisti non appartengano più a minoranze marginali, ma che siano diventati qualcosa di diverso e che nelle nuove narrazioni che si stanno affermando non sono necessariamente gli ebrei a valere meno degli altri appartenenti alla specie umana, ma i messicani, gli ucraini, i palestinesi, i nordafricani, i curdi, le donne iraniane. Carne da macello da deportare, stuprare, torturare, mutilare, rimpatriare, sterminare, senza farsi troppe domande. Uno scenario costruito mattone dopo mattone, con un utilizzo mirato della propaganda attraverso quei nuovi strumenti che avrebbero dovuto rendere il mondo un luogo migliore, attraverso una capillare diffusione dei diritti umani o della libera informazione. Ancora una volta, invece, si è gettato fumo negli occhi dell’opinione pubblica, indicando negli stranieri o nei diversi dei nemici da abbattere, esasperando le tendenze individualistiche, coltivando l’idea che la democrazia fosse un vecchio arnese del secolo scorso, poco funzionale rispetto alle sfide del XXI secolo.

Non è difficile immaginare dove ci porterà tutto questo. Resta da capire se l’umanità se ne sta davvero rendendo conto o se siamo già nella fase in cui, dimenticata la storia, ci siamo arresi all’idea di doverla rivivere.

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