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Ancora un’estate devastante per la Sicilia, + 30% delle aree bruciate

Ancora un fine settimana di passione sul fronte incendi in provincia di Trapani. Dopo quello della scorsa settimana nella zona di San Matteo, sul monte Erice, e propagatosi pericolosamente nelle contrade di Fontana Rossa e San Nicola, mandando in fumo circa 40 ettari di macchia mediterranea, tra domenica e lunedì scorsi sono stati una 40 i roghi registrati. Complice il vento di Scirocco,le fiamme hanno maggiormente interessato i comuni di Custonaci, Marsala, Mazara, Paceco e Alcamo. Le fiamme, grazie al tempestivo intervento di Vigili del fuoco, Forestali, Protezione civile e volontari sono state domate. Provvidenziale anche la pioggia caduta nella notte che ha spento gli ultimi focolai. Ma la situazione rimane oltremodo grave. Secondo i dati dell’Arpa e del Corpo Forestale della Regione, la Sicilia, già tristemente nota per il ripetersi di devastanti roghi estivi, ha visto un incremento significativo sia nel numero di incendi sia nell’estensione delle aree bruciate rispetto al 2023. I numeri più recenti dicono che nei primi 6 mesi del 2024 si sono registrati circa 2.800 incendi sull’intero territorio siciliano, contro i 1.015 del 2023 nello stesso arco temporale. Un aumento oltremodo preoccupante che nasconde una realtà complessa. Le condizioni climatiche estreme di quest’anno, con temperature che hanno superato spesso i 45°C, hanno infatti reso gli incendi più difficili da gestire e più rapidi nell’espandersi. La situazione è poi resa ancora più drammatica dalla siccità prolungata e dalla carenza di precipitazioni, condizioni che hanno creato un terreno fertile per il propagarsi delle fiamme. Il dato più allarmante riguarda la superficie devastata dalle fiamme.

Nel 2024, oltre 65.000 ettari di vegetazione sono stati ridotti in cenere, un balzo del 30% rispetto ai 50.000 ettari del 2023. Un aumento che ha interessato non solo le aree rurali e boschive, ma anche zone a ridosso di centri abitati e parchi naturali, mettendo in pericolo sia gli ecosistemi che le persone. Nel trapanese lo scorso anno, in base ai dati del Sif, il Sistema informativo forestale, sono andati a fuoco 2.995 ettari di superfice forestale, di cui 1234 ettari di boschi. Secondo una prima stima dei dati per il 2024 non ancora definitivi, nel 2024 gli ettari di vegetazione andati in fumo (dal 1° gennaio ad oggi) sarebbero circa 1.550 di cui 350 riguarderebbero i boschi del trapanese. Il fenomeno degli incendi in Sicilia ha una lunga storia ed è alimentato da diversi fattori: oltre al cambiamento climatico, che sta rendendo sempre più frequenti ondate di calore estremo, c’è l’incuria del territorio e l’assenza di misure preventive efficaci. Nonostante gli sforzi delle autorità locali e il lavoro incessante dei vigili del fuoco, della protezione civile, degli uomini della Forestale e dei volontari, la mancanza di risorse adeguate, di personale e mezzi e di una pianificazione strategica a lungo termine continua a gravare sulla capacità di risposta. Nonostante l’attenzione mediatica e le promesse delle autorità, la risposta istituzionale agli incendi rimane carente. Si sono più volte ventilate soluzioni innovative, come l’utilizzo di droni militari per il monitoraggio costante delle aree boschive e l’installazione di sistemi di allarme avanzati per rilevare i primi segnali di fumo, ma poche di queste idee hanno trovato reale applicazione.

I droni, ad esempio, potrebbero sorvegliare i territori più remoti e inaccessibili, permettendo interventi rapidi prima che i roghi si diffondano incontrollabilmente, ma il loro utilizzo è ancora sporadico e limitato. A complicare ulteriormente la gestione dell’emergenza, è la mancanza di coordinamento tra le diverse istituzioni competenti. Nel 2023 si è parlato di istituire una cabina di regia unica tra il Corpo Forestale e la Protezione Civile, ma anche questo progetto è rimasto sulla carta. L’assenza di una strategia unitaria e di risorse adeguate fa sì che, ogni estate, si ricorra più alla buona volontà e all’eroismo dei soccorritori che a una vera prevenzione organizzata. Uno dei punti centrali del dibattito rimane la questione dei Piani di gestione dei boschi e di rimboschimento. Un’efficace manutenzione delle aree boschive, insieme alla creazione di zone cuscinetto spartifuoco, potrebbe ridurre significativamente il rischio di incendi devastanti. Tuttavia, i fondi destinati a questi progetti sono spesso insufficienti, e gli interventi di prevenzione restano limitati. Lo scorso anno si è riusciti ad estendere i giorni di lavoro per gli operatori forestali impegnati nella pulizia del sottobosco, una misura utile ma che da sola però non può risolvere un problema così complesso. Infine, un altro nodo irrisolto è l’utilizzo degli invasi presenti in alcune aree della Sicilia.

Questi bacini d’acqua, se opportunamente gestiti, potrebbero essere impiegati come risorse strategiche per le operazioni di spegnimento. Così come bene è stato fatto quest’anno in provincia di Trapani dove gli uomini della Forestale hanno installato 9 vasche mobili da 30mila litri ciascuna per rifornire gli elicotteri e i mezzi a terra. Situate in punti strategici del territorio, hanno aiutato non poco nelle operazioni di spegnimento degli incendi. In conclusione però, e nonostante i passi avanti che pur ci sono stati, l’estate del 2024 ha evidenziato, ancora una volta, come la Sicilia rimanga prigioniera di un’emergenza incendi cronica, amplificata dall’inerzia istituzionale e dalla mancanza di una visione di lungo termine. Se non si interverrà con un piano strutturale che coinvolga tecnologie avanzate, coordinamento tra enti e risorse adeguate, il rischio è che ogni estate continui a segnare una catastrofe annunciata. E con essa, la perdita inestimabile di ettari di boschi, biodiversità e sicurezza per i cittadini siciliani.

Carmela Barbara

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