Salvatore Spataro, l’ultimo rais e la storia della mattanza

Camilla Marino

Salvatore Spataro, l’ultimo rais e la storia della mattanza

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venerdì 16 Agosto 2024 - 07:23

Oggi vi raccontiamo una storia, la storia della mattanza e del commercio del tonno, della passata gloria favignanese, attraverso gli occhi e le parole di un uomo che all’epoca c’era, che ha vissuto quegli anni in prima linea, che ha manipolato le reti con cui si pescava questo pesce che, una volta, era il vessillo della farfalla del Mediterraneo: l’ultimo rais in vita, Salvatore Spataro.

Un rais era il capo della tonnara, il lavoratore più esperto che dirigeva gli altri.

Ma prima di diventare rais, Salvatore ha fatto la sua gavetta, fin da quando era bambino, nel 1956/57: “Le aule erano poche e quindi i bambini non potevano andare tutti a scuola di mattina, quindi c’era chi andava la mattina e chi il pomeriggio. Io ero uno che andava di pomeriggio. E c’era chi la mattina andava dal barbiere, dal falegname, dal muratore, ma non per perdere tempo, ma proprio per lavorare. E io andavo alla Camparia.”

Salvatore comincia a raccontarmi la sua vita, mentre ci beviamo un caffè a casa sua, in compagnia di sua moglie e di non so quanti gatti che circolano nel suo cortile. Ad ascoltarci c’è anche un piccolo uccellino che, stordito da un colpo dato al vetro della finestra, sta bevendo qualche goccia d’acqua dalla sua mano per riprendersi.

La Camparia era il luogo dove si fabbricavano le reti, intrecciate con fili di noci di cocco, mi spiega Salvatore.

Negli anni in cui Salvatore imparava tutto questo, veniva seguito dal rais Mercurio: “Quando compii 14 anni, che si poteva lavorare a 14 anni e ho fatto il libretto di lavoro, il 4 settembre del ‘63, mi ha fatto entrare in Tonnara. Eravamo in un angolo dentro alla Camparia, io ero con una barca. E lui mi fece ‘Vuoi venire a lavorare nella Camparia? A fare le reti.’. Io tutto mi sognavo, ma una cosa del genere… avevo vinto la Coppa Italia!” esclama Salvatore con l’emozione nella voce.

Appena cominciato a lavorare, Salvatore si era ritrovato a essere il più giovane.

Ma Mercurio, era sempre lì, pronto a tenerlo d’occhio e a fornirgli consigli.

E tutti questi insegnamenti continuarono anche quando il rais Mercurio si ritirò e passò il timone al rais Rallo: “Posso riconoscere un difetto di questa persona: che era troppo bravo.”, mi spiega Salvatore con un sorriso. Anzi, veniva mandato anche a fare qualche lavoretto con i sottorais (o capiguardia, come si chiamano qua a Favignana), ovvero coloro che erano in lizza per il posto di rais, proprio perché degno di fiducia.

Nel lontano ‘85, mi spiega, il rais fu un certo Ernandes, con cui Salvatore aveva lavorato anche durante l’inverno in Camparia. Tuttavia, Ernandes si ammalò e per questa ragione, Nino Castiglione (a cui era passata la gestione del tutto) ebbe bisogno di un altro rais.

“Nino Castiglione arriva e dice: ‘Con lei devo parlare. Lei mi deve fare il rais.”. Salvatore, a quel tempo, aveva 36 anni.

Era scioccato da quella richiesta.

Ovviamente era felice, ma allo stesso tempo si rendeva conto dell’immensa responsabilità che gli toccava. Comunque, prima di rispondere, Salvatore decise di fare una visita sia al vecchio rais Ernandes, che al sottorais Angelo Ernandes: “Perché io ci tengo a sottolinearlo, sono una persona molto corretta.”

Chiese a entrambi se fosse stato un problema per loro accettare di diventare rais. Loro risposero di non preoccuparsi affatto.

Fu così che Salvatore divenne rais, nel 1985.

Nel 1987, sotto il comando di Salvatore, fu pescato anche un grande squalo bianco.

Certo, le gelosie nei confronti di Salvatore non sono mancate, come per esempio il dichiarare che il secondo anno, per pura sfortuna, pescò solo 250 tonni, senza menzionare, invece, la bravura dell’anno prima, quando sotto il suo comando, avevano pescato più di 1000 tonni e lo squalo bianco.

Salvatore lo dice: “Per simpatia nei confronti di uno o dell’altro, mettono le ali ai maiali e le tagliano ai gabbiani.”.

Dopo diversi anni passati alla tonnara di Bonagia, nel 2004, a Favignana, stavano avendo delle difficoltà a posizionare le reti. Fu pregato di tornare: “Per il bene di Favignana, sono venuto.”.

Le reti che avevano non bastavano. La camera della morte, ovvero l’ultimo tratto della particolare disposizione delle reti per i tonni, dove essi venivano uccisi, non era neanche pronta. Salvatore salvò la situazione e la mattanza ebbe luogo.

Tuttavia, quando Salvatore divenne rais, lo stabilimento era già chiuso, dal 1979 circa, quindi si portavano i tonni direttamente a Trapani.

E così è stato fino al 2006, l’anno dell’ultima mattanza, eseguita però non da rais Spataro, ma dalla cooperativa di quel tempo.

Ed è qui che si conclude il racconto di Salvatore, che è stato così gentile e disponibile a narrarmi la sua storia, a espormi la verità, perché è stanco di sentire delle non-verità. E me lo dice sorridendo, puntando il dito sul tavolo, come se quella verità si nascondesse nella tovaglia perfettamente stirata della tavolata del loro salotto.

E mentre lo ascoltavo non potevo che essere rapita dalle sue parole, perché in esse era custodita una storia fantastica, fatta di fatica, di sudore, di sangue e di salsedine. Una storia che rappresenta appieno la farfalla del Mediterraneo, che l’ha resa la regina delle isole Egadi e che ha portato Favignana a uno splendore senza eguali.

Una storia che rimane così impressa che, anche se non c’eri, camminando per le stanze dell’ex stabilimento Florio, contemplandole in religioso silenzio, puoi sentire ancora le voci di tutti gli uomini al lavoro, facendo ciò che sapevano fare meglio di altri.

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