Amici del Terzo Mondo: “Bisogna lavorare per la pace tra israeliani e palestinesi”

Vincenzo Figlioli

Amici del Terzo Mondo: “Bisogna lavorare per la pace tra israeliani e palestinesi”

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sabato 21 Ottobre 2023 - 06:45

Da oltre 40 anni in prima linea nella promozione della cultura della pace tra i popoli e del sostegno agli ultimi, l’associazione Amici del Terzo Mondo, presieduta da Enzo Zerilli, sta seguendo con preoccupazione gli ultimi avvenimenti in Medio Oriente, in seguito agli attacchi di Hamas e alla dura risposta militare di Israele. Una situazione incandescente, che ha già provocato migliaia di vittime da entrambe le parti e che rischia di complicarsi ulteriormente. “Viviamo un momento storico delicato, in cui si sta delineando uno scenario che sembra il preludio a un nuovo conflitto mondiale”, afferma Zerilli.

Qual è la vostra posizione sul conflitto in corso?

Affrontare l’argomento con toni da tifoseria non giova a nessuna delle due parti. L’attacco di Hamas con centinaia di morti al rave, così come i successivi sequestri di persone rappresentano atti barbarici, ma non dobbiamo dimenticare quello che hanno subito i palestinesi senza che la comunità internazionale intervenisse. Se è vero che Israele ha il diritto di difendersi, anche i palestinesi hanno lo stesso diritto. Piuttosto, mi chiedo quanti sono gli Stati che hanno riconosciuto lo Stato palestinese… Purtroppo, come già in Ucraina, si continua a parlare di guerra e non di pace. Le uniche parole, in tal senso, sono arrivate da Papa Francesco.

Cosa possiamo fare qui per dare un contributo alla pace?

Intanto bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica ad avere una lettura chiara degli eventi che stanno avvenendo. Fermo restando che dovrebbe essere interesse di tutta la comunità internazionale il riconoscimento di due popoli e due Stati, come stava avvenendo con Rabin e Arafat, che poi purtroppo sono morti. Più in generale, però, la pace dovrebbe interessare a tutti, con riferimento anche a tutti i fronti di guerra che ci sono nel mondo, dal Sud Sudan al Tigrai. Noi abbiamo il dovere di sensibilizzare le nuove generazioni a guardare la realtà con occhi diversi, spiegando loro che è importante conoscere la storia e capire come si arriva a questi eventi terroristici. Dispiace che si registri, a riguardo, una latitanza della comunità internazionale a cui sembra che questo stato di cose convenga. La decisione di Biden di inviare nuovi aerei militari in Israele, purtroppo, è una scelta che non alimenta la pace, ma il terrorismo. E questo non conviene a nessuno.

Che tipo di effetti può produrre sulle nostre vite l’escalation del conflitto in Medio Oriente?

Con la radicalizzazione del conflitto è inevitabile che aumenti il rischio di attentati terroristici, un po’ ovunque. Ma preoccupano anche le ricadute sull’economia, come già avvenuto con la guerra in Ucraina, che ha determinato un aumento del costo delle materie prime, mettendo in difficoltà soprattutto le fasce sociali più fragili.

Questo momento può anche essere utilizzato per indurre il governo a politiche migratorie più restrittive?

Già è stata disposta la sospensione per due mesi del Trattato di Schengen. Ma mi aspetto anche le solite strumentalizzazioni da alcune parti politiche, con l’obiettivo di spaventare i cittadini per meri interessi elettorali.

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