“Dal brodino di aminoacidi può venir fuori tutto” : intervista allo scienziato marsalese Ignazio Licata

redazione

“Dal brodino di aminoacidi può venir fuori tutto” : intervista allo scienziato marsalese Ignazio Licata

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mercoledì 29 Gennaio 2020 - 06:44

Un viaggio nel Tempo e nello Spazio passando per la filosofia, la musica, la matematica, sentendosi infinitamente piccoli nell’infinitamente grande, come “particelle vaganti” apparentemente senza meta. Questo è intervistare Ignazio Licata, l’illustre fisico teorico marsalese, globetrotter della fisica così come lui si autodefinisce. “Mio padre era convinto che sarei diventato un economista, il preside Aldo Ruggieri era convinto che sarei diventato un grosso esponente politico e in famiglia credevano che sarei diventato un filosofo ed invece li ho delusi tutti felicemente”. Per fortuna, aggiungiamo noi. Così Licata parla di sé ricostruendo le tappe più importanti della sua vita. Parlare con Ignazio Licata, è fare un viaggio nella conoscenza portando con se stessi un bagaglio di piccole certezze confutabili per poi tornare più consapevoli e forse un po’ meno soli.

Dove nasce l’Universo, dottor Licata? E’ la prima domanda facile che mi viene in mente

E’ una domanda facile per chi accetta una risposta difficile. L’Universo non nasce da nessuna parte nel senso che prima della nascita dell’Universo c’era una sorta di substrato quantistico dove ancora la Materia, come la conosciamo, così come lo Spazio e il Tempo, non esistono. Quindi non era ancora possibile individuare un “qui” ed un “ora”. E il luogo dove nasce l’Universo è un non-luogo, un Tempo prima del Tempo.

Forse per questo nella mitologia, Crono, cioè Tempo, è la Divinità padre di Giove che rappresenta l’inizio di tutto?

Non so se sia stato per questo ma so con certezza che, all’inizio, l’Universo, era una sorta di ipersfera a 5 dimensioni, qualcosa che non vediamo e che poi, ghiacciandosi, non ha rilasciato soltanto le forme note dell’energia ma anche quello che sperimentiamo come Spazio e Tempo. Quindi prima c’era una struttura perfettamente atemporale in piena coerenza quantistica.

Cos’è la coerenza quantistica?

La dimensione quantistica è lo strato più sottile e ultimo della materia che conosciamo ed ha dei comportamenti “non immediati”, ovvero un modo diverso di stare e di fare Spazio e Tempo. Anche il grande Stephen Hawking, una delle menti più brillanti del nostro tempo, appoggiava in parte questa idea. Con lui sono stato in corrispondenza per molti anni.

Cosa sappiamo del Big Bang?

Segna il cosiddetto inizio del Tempo e gli astronomi lo fissano a 13 o 14 miliardi di anni fa. Noi, ad esempio, stiamo dentro il Tempo, ma se noi guardiamo la cosa dall’esterno, abbiano un’ipersfera a Tempo Immaginario che è sempre sé stessa e proietta continuamente Spazio Tempo. Questo avviene sempre ma noi, guardandolo dal Tempo, viviamo la durata.

Può essere più semplice?

Prendiamo un DVD o un CD: la musica o il film, sono già lì, solo che quando li fai girare, hai il Tempo e in tal modo, un evento viene prima o viene dopo.

Lei mi sta dicendo che in realtà è già stato tutto scritto e che niente può essere modificato dalla nostra volontà?

No, affatto. Solo che lì dentro ci sono scritte le leggi fisiche, le condizioni iniziali, quindi vuol dire che da quel “brodino di aminoacidi” può venire fuori qualcosa di simile a noi ma non c’è scritto che ad esempio, venga fuori lei in quanto Tiziana Sferruggia. Quindi il modo non è deterministico.

Quindi che succeda una cosa piuttosto che un’altra è del tutto casuale?

Infatti, e questa è una cosa che ancora oggi lascia la gente perplessa. La legge pensa alle leggi fisiche come a una normativa, come se fossero le leggi del Codice invece, in fisica, la legge ha un significato un po’ diverso.

Ovvero?

La legge è una griglia di possibilità, una classe universale di eventi, ma quale di questi eventi si verificherà, non è già scritto.

Una sorta di “sliding doors”?

Sì, proprio. Tante possibilità possibili.

Con questa griglia di possibilità, quanto siamo liberi di scegliere?

Io ho una risposta personale e che sto cercando di ribadire in un libro che sto scrivendo. Nessuno di noi può immaginare più scelte di quante non ne abbia nella testa. Motivo per cui la persona più strutturata, più colta, vede più possibilità dove gli altri ne vedono 2 o 3. Più complesso sei, più possibilità vedi.

Lei ha anche affermato che l’Universo è come un computer. Io le chiedo chi ha messo tutte queste “nozioni” all’interno.

Quando parliamo di leggi, solitamente noi pensiamo ad un legislatore perché siamo sotto una suggestione giuridica. E nel caso nostro, siamo portati a pensare al Grande Legislatore che è Dio.

Fisica e Dio vanno d’accordo?

Noi non abbiamo nessun altro modo matematico per spiegare come da quel vuoto iniziale si siano formate delle leggi e pensiamo che, in qualche modo fossero scritte già lì. Sicuramente non risolveremo il problema partendo dalle leggi. Leibniz diceva che Dio avrebbe potuto fare il mondo in milioni di modi diversi allora io dico che può esistere una coesistenza pacifica fra Dio e fisica, mediata dalla spiritualità. Aggiungo che non sono in contrasto l’un l’altro.

Lei personalmente come la pensa?

Io personalmente ho una sensibilità religiosa. Preferirei dire mistica per non fare nessun riferimento particolare ad aspetti istituzionali. Sono imbevuto, ovviamente di Cristianesimo.

Ma spesso scienza e religione sono stati in contrapposizione.

Sì, certo. Pensiamo all’evoluzione di Darwin. L’attitudine a strattonare per la giacchetta le teorie scientifiche per motivi ideologici, è sempre esistita. Marx, aveva chiesto a Darwin di poter dedicare il terzo volume del “Capitale” a lui e Darwin però si tirò fuori.

Perché?

Perché diceva che era un biologo e non un politico. A sua volta, la teoria dell’evoluzione è stata chiamata in campo come fondamento del liberismo più sfrenato, ovvero dove vige la sopravvivenza del più forte. Secondo me, scienza e religione, come diceva il filosofo cattolico, Jacques Maritain, sono piani diversi del sapere che non si escludono a vicenda.

Mi dia una definizione di bellezza.

Spesso la bellezza è legata ai concetti di armonia, equilibrio e simmetria, in qualche modo a dei canoni prestabiliti. E qui si fanno esempi che in genere spaziano da Bach alla relatività generale di Einstein. Secondo me questa è una definizione superficiale della bellezza.

Perché?

Bisognerebbe mettere da parte tutte le nozioni di armonia e di bellezza prestabilita e cercare di capire lo strano fuoco di quest’uomo che era religiosamente e umanamente tanto passionale da poter scrivere la Messa in “Si minore” per i cattolici che è bella quanto le musiche scritte per i protestanti. Per apprezzare la bellezza basta avere quel livello di complessità che ti fa vedere più possibilità. Bach ha trovato delle soluzioni compositive, per il suo tempo, inedite. La bellezza è soprattutto capire che una scelta, in un certo contesto è la più innovativa, la migliore ed è quella che rimodella un mondo.

Ma cosa fa sì che io ascolti Bach e Mozart e trovi orrenda un altro tipo di musica?

Qui entriamo nella sfera delle affinità emotive ed elettive. Posso apprezzare Bach, i Rolling Stones o i Clash, ma non soffermarmi sui neomelodici. Qui si tratta di un fatto culturale ma nel senso più “basso” del termine. Ognuno di noi fondamentalmente appartiene a delle tribù e più complesso ti fai più vedi che la tua non è l’unica tribù. Quindi la scelta sta sempre nella nostra complessità e se la nostra complessità è tale da farci apprezzare solo un mondo o solo un musicista, significa che siamo molto banali. Io mi preoccuperei di quelli che ascoltano sempre e solo le stesse cose.

E tutto questo è applicabile ad un paesaggio o ad una persona?

Roma, ad esempio, ha più stratificazioni storiche e culturali che vedi ovunque. E quello che può sembrare disordine è ricchezza. La vera bellezza non è costruita ma è fatta per essere vissuta. Penso al melting pot di alcune città dove vivono insieme popoli e culture diverse. La bellezza non è scritta in nessun canone ma è la complessità a creare bellezza. Poi ci sono luoghi che devono essere lasciati così come sono e rappresentano l’unione antica e ideale tra i manufatti dell’uomo e la Natura ed è il caso ad esempio, dello Stagnone di Marsala.

Dunque la bellezza non è ordinata ed è un po’ caotica. Cos’è il Caos, Licata?

Sono stati studiati alcuni sistemi fisici e uno di questi è il sistema meteorologico in cui, cambiando di poco le condizioni iniziali, cambia enormemente il risultato, ovvero la famosa immagine del battito della farfalla che non va presa letteralmente, però.

Perché?

Perché l’attrattore geometrico che fotografa matematicamente questa situazione sembra una farfalla perché ha 2 ali che sono i 2 giochi di possibilità che si vanno ampliando. Quindi il Caos serve per studiare questo tipo di fenomeni non lineari. Pensi al rubinetto e al flusso dell’acqua: basta aumentare il flusso e cambia la turbolenza che comunque è studiabile e calcolabile. Invece, la complessità è qualcosa che si mostra a te con emergenze, cioè con tanti punti di vista diversi. La complessità è qualcosa di “vivente” così come l’evoluzione che è impredicibile perché si presenta con dei “qui ed ora” che cambiano continuamente. Cosa accadrà nelle nostre teste fra 5 minuti non possiamo saperlo. Dipenderà dal nostro incontro con il mondo.

E’ una cosa da starci male, Licata. Nulla è prevedibile e non conforta saperlo.

Beh, è proprio l’incertezza generale delle cose che può generare ansia. E se vengono in mente “le cure dell’anima” di Socrate o dell’epicureismo, ci si accorge che però non funzionano tantissimo. Diciamo che studiare e leggere libri serve a nutrire la nostra complessità e a farci capire che esistono più possibilità.

Voi scienziati siete a volte chiamati in causa per dire la vostra anche sul mondo dell’economia e sulla sociologia. A volte, dove va il mercato, è qualcosa che si può prevedere scientificamente, vero?

Una volta sono stato chiamato a tenere una conferenza a Milano. Il tema era “come far nascere un fenomeno” cosa che, tra l’altro, non si può fare per prescrizione.

E come si può fare, invece?

Quando tu vuoi manipolare un sistema complesso devi cercare di indurre in quel sistema delle condizioni per cui lui spontaneamente evolverà in una certa direzione. Se oggi la politica va male è perché sceglie delle soluzioni riduzionistiche semplici. Invece bisogna fare in modo che all’interno di quella griglia di possibilità, emerga quella che ti interessa, senza dire “dovete fare così”.

Bisogna dunque creare il bisogno senza però dare l’impressione che sia già stato tutto pianificato?

Sì, proprio così e questo vuol dire creare il bisogno e quindi la cultura da cui nasce quel bisogno. Non bisogna dare dei colpi troppo forti al sistema perché in quel caso non lo modifichi culturalmente. Ogni rivoluzione, come sappiamo, è seguita da una restaurazione.

Secondo lei, l’umanità, dove sta andando? In quale direzione è proiettata?

Le forme che oggi, di fatto, dominano il mondo, vanno sempre più verso la semplificazione e la gente sembra contenta di questo.

Per semplificazione intende quello che avviene sui social?

Facebook ti dà la possibilità di sembrare diverso da quello che sei, a cominciare dalla foto che scegli di pubblicare. E così, tutto contento della tua presunta complessità dialoghi con altre monadi però il dialogo è elementare. Su facebook tutto è si o no mentre a volte la verità sta nel mezzo.

Ma andare verso il centro, in questa “zona grigia” non si rischia di sbagliare?

No, anzi. Si sta creando un’intera generazione di dicotomie elementari. Il sì ci illude di avere dentro tutta la complessità del mondo però in realtà sei un automa produttore e consumatore.

Dunque ci stanno semplificando a tavolino?

Per quanto cerchino di semplificar la natura umana, noi ogni tanto abbiamo dei sussulti e riusciamo a “vedere” nuovi mondi. Se riusciremo a creare nuovi “movimenti”, o nuove strutture, questo io non lo so.

La semplicità a cui si riferisce è anche quella della mancanza di scrittura con carta e penna da parte dei bambini che ormai scrivono sulle tastiere? E se sì, secondo lei, questo cosa crea?

Niente di buono. La semplificazione estrema non porta nulla di buono. Bisogna diffidare delle cose facili e semplici. Sono cose che vanno avanti per inerzia ma non cambiano nulla. Credo che questa nostra epoca stia scommettendo sull’estinzione dell’uomo.

In che modo?

Il progresso, la tecnologia, hanno effetti sul pianeta, penso ad esempio all’inquinamento. E come conseguenza a questa “inevitabile estinzione” nascono movimenti ideologici che cercano di contrastarla.

Sta pensando a Greta Thunberg?

Sì, certo, anche se credo poco che tutto questo possa cambiare “il sistema” globale che andrebbe cambiato dal di dentro. Bisogna partire dal concetto “cosa vuol dire civiltà sostenibile” e attenta all’ecologia e comunque non è possibile fare tutto questo in poco tempo. Tutti usiamo l’auto e l’aereo.

E’ un processo inarrestabile?

Bisognerà vedere se arriverà prima la coscienza, dunque il cambiamento di mentalità oppure il disastro.

Lei è ottimista?

Io sono ottimista su alcune figure che stanno al vertice della piramide e non in basso.

A chi pensa?

Penso a persone come Bill Gates, ad esempio che sentono il bisogno di ridare quello che hanno avuto dal mondo.

E’ in effetti un filantropo.

Il futuro è degli imprenditori innovatori. Sono loro che possono cambiare le cose, ne hanno il potere. Chi produce può farlo. Possono scegliere di produrre in modo ecosostenibile ed etico. Dunque il futuro non sarebbe più del più “adatto” ma del più “adattabile”. E l’obiettivo dell’imprenditore non sarebbe più schiacciare l’altro ma produrre insieme cose abbastanza differenziate, facendo “rete”. Questo è il futuro.

I buchi neri sono veramente la porta d’ingresso verso altri mondi paralleli?

Io penso di no anche se ci sono teorie in questo senso. Ad esempio la “Teoria dei multiversi” che viene fuori dalle “superstringhe” che è un formalismo matematico molto potente che è nato nell’ambito della fisica delle particelle, si vedono queste possibilità, ovvero che i buchi neri possono essere la comunicazione fra mondi diversi e in questo caso sarebbe se contenessero dentro dei wormhole (in italiano letteralmente “buco di verme” ndr), cioè dei sottopassaggi, delle scorciatoie sotto lo Spazio Tempo e potremmo entrare in un mondo parallelo.

Questo ci consentirebbe di tornare indietro nel tempo?

Questa è un’altra storia. Qui entra in campo Kurt Godel che è stato uno dei più grandi logici matematici di tutti i tempi tanto che il suo lavoro viene paragonato a quello di Aristotele che fondò la Logica classica. Godel ipotizza una forma di Universo dove sono rispettate le nozioni di Einstein, dove però, il Tempo è curvo. Per cui, camminando, si poteva tornare nel passato come accade nel film “Ritorno al Futuro”.

Questo è possibile, secondo lei?

Le particelle lo fanno continuamente perché nascono da quel Vuoto Quantistico e ritornano in quel Vuoto Quantistico in cui non c’è né un qui né un’ora.

E noi esseri umani possiamo fare questo?

No. Siamo troppo grossi. Dunque tornare indietro nel tempo o spostarsi con il teletrasporto, non è possibile, almeno per ora.

E se fosse possibile tutto questo, ad esempio, da dove passeremmo?

La costante che serve come una porta per questo tipo di fenomeno si chiama Costante di Planck ed è molto piccola. Planck è il fisico che ha scoperto i Quanti, quelle strane creature, che poi avrebbero trasformato la Fisica.

Le chiedo una definizione. Chi è lo scienziato?

Lo scienziato è un artigiano che lavora con degli strumenti che sono a volte concettuali o anche pratici, nella dimensione sperimentale e che è pronto a scommettere con il mondo su un’idea. E’ anche possibile che il mondo gli dica no e dunque deve ripartire da capo, cambiando alcune cose.

Lo scienziato perché sceglie di essere tale? Da cosa è mosso?

Lo scienziato è come uno di quegli avventurieri delle baleniere perché, in fondo, indagare sugli estremi confini della conoscenza del mondo è una forma di navigazione in un oceano incerto alla ricerca di quella famosa “Balena Bianca” che in questo caso potrebbe essere la teoria del Tutto o il segreto della Materia Oscura e non è detto che questo non produca problemi.

C’è una volta in cui lei si è trovato davanti ad un problema ed ha dovuto spiegare come stavano le cose?

Una volta io fui chiamato dalla Gabanelli di Report. E’ stato nel periodo in cui si parlava dell’esperimento al Cern di Ginevra. Lei voleva sapere se questo nuovo super acceleratore di Ginevra, creato per riprodurre le condizioni del Big Bang, non creasse dei problemi. Se ricorda, in quel periodo, c’era Alvaro De Rujula, fisico teorico del Cern il quale aveva avanzato l’ipotesi che si creasse una collisione tale che il nostro mondo, come lo conosciamo, si lacerasse e fosse invaso da un altro Vuoto, da un altro mondo insomma. Giocare con quelle “energie” poteva creare delle lesioni, così come accade ad un palloncino ad aria.

C’era davvero questo rischio?

No, poi si è visto che non c’era ma porlo non era banale solo che doveva essere posto con i dovuti metodi. Questo può far capire, sebbene in modo brutale, come la scienza sia una sorta di avventura.

Tiziana Sferruggia

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