Somigliano sempre più a quelle di un malato terminale, le aspettative di vita dell’aeroporto “Vincenzo Florio” di Birgi. Ogni settimana i nostri lettori ci inviano fotografie desolanti, che immortalano i locali dello scalo quasi completamente deserti. Per non parlare dei tanti fuori sede che ci scrivono un giorno sì e l’altro pure, chiedendoci se in vista delle agognate ferie estive nella loro terra natìa devono acquistare il biglietto per Punta Raisi o vale la pena attendere novità da Birgi.
I fatti degli ultimi giorni sembrano confermare un trend che vede poche speranze di rilancio per lo scalo trapanese. Al di là degli stanziamenti previsti dalla Regione appare evidente che non ci sia la volontà politica di salvaguardare questa fondamentale infrastruttura, quanto mai preziosa per un territorio periferico come il nostro. Se è vero che proprio in questi giorni la società di gestione dell’aeroporto di Catania ha annunciato la propria intenzione di acquistare lo scalo di Comiso, appare molto improbabile che la Gesap possa decidere di fare lo stesso con Birgi, come ha evidenziato con grande chiarezza (e in più occasioni) il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.
Viene dunque a cadere il “mantra” che negli ultimi anni ci era stato ossessivamente ripetuto da tanti rappresentanti politici locali: “Bisogna fare rete tra i due aeroporti vicini, non ha senso continuare con i campanilismi”. Sulla carta, un principio assolutamente condivisibile, a qualsiasi latitudine. Il problema è che tali dichiarazioni non avevano mai trovato riscontro in una volontà di collaborazione da parte della classe dirigente del capoluogo, che ha sempre visto il “Vincenzo Florio” come un concorrente poco gradito. E i matrimoni, d’amore o di convenienza, si fanno sempre in due. Di fronte all’evidenza dei fatti, anche i sindaci del territorio sembrano aver ormai abbandonato l’ottimismo di qualche mese fa e cominciano a chiedere chiarezza al presidente Musumeci, il cui atteggiamento su Birgi è stato spesso sibillino. L’impressione è che fino alle elezioni Europee di chiaro non ci sarà nulla e ci ritroveremo ai primi di giugno a fare i conti con una stagione estiva ancora una volta priva di programmazione.
Ben vengano dunque i primi segnali di mobilitazione da parte della società civile, che ha il dovere di far sentire la propria voce in maniera continuativa, togliendo qualsiasi alibi alla politica siciliana. C’è un economia turistica da salvaguardare, costruita su aspettative legate a un aeroporto da 2 milioni di passeggeri l’anno in un territorio sempre più povero, che già deve affrontare la crisi dell’agricoltura, della marineria e dell’edilizia, oltre che un emigrazione giovanile che sta progressivamente spopolando intere comunità. Abbandonarsi alla rassegnazione, in questo momento, sarebbe la peggiore scelta possibile per chi vuole continuare a scommettere su questa terra.