Caro direttore,
ho votato PD. L’ho fatto con convinzione, nonostante non mi piacessero tutti candidati. della lista. Ma era prendere o lasciare. Mi son detta: infondo era cosi anche ai tempi della sinistra storica. Anche allora infatti c’erano quelli che, per un motivo o per un altro, non mi garbavano. Però si poteva scegliere, e questa non è una differenza da poco.
Ora, al di là del fatto che l’attuale legge elettorale non garantisce una maggioranza certa, penso che avere negato agli elettori il diritto di scegliere i propri candidati da sostenere sia il difetto peggiore del sistema di voto.
Sapevo che il PD non avrebbe retto all’urto del M5S da un lato e del centro destra dall’altro. Il desiderio dunque di soccorrere i “compagni” ha determinato la mia scelta, pur sapendo che sarebbe stato solo un voto di resistenza.
Ho scoperto, nei giorni successivi alle elezioni, che è stato un bisogno di tanti, e soprattutto che la pesante sconfitta ha restituito, a molti di noi ex del partito come si chiamava prima del PD, il senso dell’appartenenza.
Sono trascorsi così tanti anni, dall’ultima volta che ho messo piede in una sezione del partito, che faccio addirittura fatica a ricordare tutti i nomi antecedenti al PD.
Ricordo perfettamente però la riunione di federazione in cui abbiamo sciolto il partito per costituire il PD, ed è perfettamente scolpita nella mia memoria la preoccupazione che tutti noi manifestammo all’allora segretario Camillo Oddo, e cioè quella di non morire democristiani. Volevamo non essere fagocitati dagli ex popolari, ex margherita, ex DC. Lo siamo stati. Ma oggi ha ancora senso attribuire a quella nostra incapacità di essere gruppo dirigente, al di là della provenienza, la sconfitta di oggi?
Credo proprio di no per molte ragioni.
La sinistra oggi è minoritaria in quasi tutta l’Europa per ragioni troppo complesse da esaminare qui, il PD di oggi è composto in prevalenza da individui che non sono ex di niente, i valori della sinistra non appartenevano e non appartengono solo a noi ex PCI.
Nel complesso il mio giudizio sui governi retti da Letta, Renzi e Gentiloni è più che positivo. Errori certamente ne sono stati commessi tanti, ma la verità è che nei momenti di dura crisi economica, l’offerta politica di chi attribuisce le ragioni del malessere alla politica nel suo complesso e alla massiccia ondata migratoria, è quella vincente.
Non è un fenomeno nuovo, è già successo tra le due guerre mondiali in Italia e in Germania. Anche allora, come adesso, una pesantissima crisi economica: oggi sono i negri responsabili del nostro fallimento, ieri lo erano gli ebrei. C’è un romanzo stupendo, “La famiglia Karnowski” di I.J.Singer, straordinariamente attuale, che racconta tutto questo.
Venendo alle questioni politiche locali, leggo di fibrillazioni nel PD Marsalese dovute alla sconfitta elettorale e a un deficit di comunicazione tra il partito e l’amministrazione comunale.
Anche in questo caso niente di nuovo, quello della comunicazione mi sembra vecchio almeno quanto lo sono io. Ritengo tuttavia che le suddette ragioni non siano tali da interrompere un percorso sostanzialmente virtuoso di governo della città.
Senza entrare nello specifico del dibattito, che del resto conosco solo superficialmente, mi permetto, da semplice elettrice, di dare un suggerimento ai dirigenti del Pd.
Premesso che il ruolo dei partiti è quello di cerniera tra la società e le istituzioni, provate innanzitutto ad incontrare ed ascoltare i vostri elettori, le organizzazioni sociali, i movimenti, le associazioni, le categorie professionali, insomma la società di oggi. Fate la sintesi dei contrapposti interessi, valutando quelli meritevoli di maggiore tutela e rappresentateli all’amministrazione comunale, verificando quotidianamente l’attuazione del programma per il quale hanno ricevuto il consenso della città.
In altre parole, non aspettate di essere convocati dal Sindaco, siate voi a rompergli i cabbasisi tutti i santi giorni perché il governo della città non si limiti all’onestà e ad alcune efficienze dell’operato di alcuni amministratori, ma abbia un progetto lungimirante volto agli interessi delle generazioni future.
Per fare questo è necessario però intenderci bene su un punto che il seguente: gli interessi che vedono oltre il quotidiano, raramente coincidono con quelli di chi rivendica in politica la cosiddetta visibilità. Spesso questi consiglieri, deputati o semplici dirigenti di partito sono collettori di molto consenso elettorale perché nel quotidiano si occupano di esaudire i piccoli favori che gli chiede la gente. Io penso che per asfaltare ed illuminare strade di campagna, così come per difendere l’abusivismo edilizio, e tanto altro di simile, ci siano una miriade di partiti e partitelli idonei allo scopo. Il PD del 18% può volare più alto del partito della nazione.
Letizia Pipitone