La Pasqua di Francesco

Vincenzo Figlioli

Marsala

La Pasqua di Francesco

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giovedì 01 Marzo 2018 - 07:30

Tanti sono i significati storicamente attribuiti alla parola Pasqua, che si lega comunque sempre a un’idea di passaggio: dall’oppressione alla liberazione per gli ebrei, dalla morte alla vita per i cristiani. L’idea in sé del passaggio accompagna le nostre vite ogni giorno, portando con sé momenti di difficoltà e occasioni di riscatto. In questi giorni Papa Francesco è stato particolarmente prolifico di spunti di riflessione, continuando a interpretare il suo pontificato con un mix di intensità e candore. La semplicità del suo eloquio, lontano da formalismi, consente a tutti di comprendere la profondità del suo pensiero, instillando giorno dopo giorno un’occasione di riflessione sul nostro tempo. Che parli di mafia o migranti, Bergoglio dà sempre l’impressione di seguire una linea precisa, senza indulgere nella tentazione di compiacere allo stesso tempo le frange più conservatrici e quelle più progressiste della comunità cattolica. Scelto in un momento di grande difficoltà per la Chiesa, Papa Francesco sta mostrando coraggio e coerenza, nel solco di una scelta iniziale – quella che rimanda al “poverello di Assisi” – che prima di lui nessuno aveva fatto.

Non è strano, dunque, che in questi giorni il Pontefice abbia parlato di “vicinanza” e di Gesù “predicatore di strada”. Un messaggio chiaro, che probabilmente non riguarda solo i sacerdoti, ma in generale tutti coloro che rivestono un ruolo pubblico e che costituiscono a vario titolo un punto di riferimento per la propria comunità. Il passaggio che richiedono gli ultimi, i sofferenti, i diseredati è proprio questo: non solo una soluzione ai propri disagi, ma la disponibilità da parte delle istituzioni (politiche o religiose che siano) ad accorciare la distanza che si è creata negli ultimi tempi, ristabilendo un principio di prossimità in cui, al di là delle differenze, ci si possa riconoscere in valori e parole comuni. Uno dei più grandi problemi del nostro tempo è proprio questo: si comunica troppo, si comunica male. A volte si pretende di spiegare agli altri cosa fare, sapendo poco di loro. Si parla di servizi sociali senza conoscere i quartieri popolari; si parla di immigrati senza aver mai visitato un centro d’accoglienza o parlato con un richiedente asilo; si parla di carceri, senza aver mai messo piede in una struttura detentiva; si parla di lavoro senza aver mai lavorato. Che questa Pasqua possa essere per tutti un momento di riflessione in un tempo difficile, segnato dalla fragilità politica, economica e sociale delle nostre comunità. Che possa essere davvero accompagnarci verso un tempo più fecondo, in cui ci si possa riappropriare del piacere di essere umani.

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