Dunque oggi a Marsala torna Matteo Renzi. Immaginiamo che non arriverà in treno, tenuto conto che il suo tour siciliano prevede tante tappe, tutte concentrate in 48 ore. Impossibile onorarle tutte salendo sui vagoni che attraversano lentamente i nostri binari, accumulando fermate e ritardi come fossero bollini della spesa. Peccato, sarebbe stata un’esperienza altamente formativa per un uomo abituato al linguaggio della velocità, che probabilmente non immagina che tipo di disagio vivano tanti pendolari qui al sud per usufruire di un servizio che dovrebbe garantire ben altri standard.
Naturalmente Renzi non arriverà nemmeno con l’aereo: in primis, perchè i leader della politica nazionale atterrano sempre a Palermo o a Catania per poter programmare meglio i loro spostamenti; in secundis, perchè l’aeroporto di Birgi è chiuso da quasi un mese e riaprirà alla fruizione pubblica l’11 dicembre. Magari i suoi amici della politica trapanese potrebbero accompagnarlo al “Vincenzo Florio”, a fargli vedere l’effetto che fa un aeroporto chiuso o inattivo e a chiedergli di non dimenticare il senso di malinconia che magari avrà provato di fronte a tale visione.
Non verrà neanche con la nave, Matteo Renzi: non succede dai tempi di Garibaldi che un leader politico sbarchi a Marsala arrivando dal mare e pretenderlo sarebbe da idioti. Ma anche volendo non sarebbe possibile, perchè il nostro porto da anni non può accogliere grandi navi e forse non potrà farlo nemmeno quando con il Marina di Marsala verrà finalmente realizzato quel porto turistico di cui da anni si parla.
Non resta che l’autostrada, dunque: ma anche lì, se mai dovesse avere la necessità di fermarsi per un bisogno fisiologico, il povero Matteo Renzi dovrebbe accontentarsi un’area di sosta, come sanno bene tanti ultrasessantenni che soffrono di prostata, perchè da Palermo a Birgi non esiste una stazione di servizio, né un luogo di ristoro per i passanti.
Come da tradizione, Renzi non andrà a visitare un’incompiuta o uno dei tanti luoghi in cui si consumano storie di malessere e disagio sociale, né andrà a trovare la famiglia del maresciallo Mirarchi, ucciso un anno e mezzo fa nelle campagne marsalesi mentre assolveva i propri doveri di servitore dello Stato. Non è cattiveria o insensibilità: a prescindere dalle intemperie politiche Renzi ha un’idea di comunicazione che fin dall’inizio ha puntato sul dialogo con quel pezzo di Italia che funziona e resiste alla crisi e alla rassegnazione, da Nord a Sud. In quest’ottica, Donnafugata (così come fu per le Cantine Fina, scelte per un altro evento a settembre) rappresenta una delle aziende che più danno lustro a questa terra, puntando su qualità, coraggio e creatività. Fa bene dunque Renzi a gratificare con la propria attenzione realtà di questo genere.
Ogni tanto, però, mi viene da pensare a cosa sarebbe Renzi se aggiungesse agli elementi ormai classici della propria proposta politica un’intuizione spiazzante, capace di dare un segnale non solo a chi ha il merito di essere andato avanti ma anche a chi, non necessariamente per colpe proprie, è rimasto indietro. Probabilmente somiglierebbe meno a un leader stagionale e più a uno statista. Ma questo, chiaramente, vale anche per tanti altri politici di questo tempo, quantomai avaro di punti di riferimento affidabili e autorevoli.