Per l’uso acceso e alquanto dirompente della lingua, funzionale alle conversazioni ricche di venature umorali fra un vecchio e un giovane in una zona interna della Sicilia, pare che Stefano Vilardo nel suo recente lavoro letterario “Garibaldi e il cavaliere”, edito da “Le farfalle”, abbia invocato e ottenuto l’aiuto di una divinità del ferro e del fuoco. Nella costruzione di vicende e situazioni concrete sempre meno schiacciate dal fumo delle interpretazioni, l’autore si preoccupa di ridurre la distanza tra cose e parole, proponendo al lettore meno ferrato la lettura di ambienti ed esperienze di vita verosimili e per niente artificiose. Il puntiglioso lavoro di scavo lessicale è condotto a ritroso nel tempo, lungo un percorso che denota varietà di fermenti e forme espressive tanto acuminati quanto intensi ed originali. Se immagini soggetti e voci fanno tutt’uno con il territorio periferico di Delia e dintorni, paesi ai margini dei centri decisionali e con statico sviluppo economico, perché Vilardo si ostina ancora a cercare radici, qualità e identità tipiche di quel contesto?
A parte le esigenze di metodo e di merito, oltre la robustezza della lingua legata alle conseguenze prodotte dal “leone dei due mondi”, si può affermare che forti e tenaci concetti prendono linfa da negazioni, privazioni ed esclusioni? E’ casuale che dai luoghi del cosiddetto sottosvilppo, da Pirandello a Sciascia, si siano espanse le visioni e le idealità fra le più fascinose dell’essere umano? Contrariamente al nostro tempo che vive convulsamente di un istantaneo indifferente al durevole, mentre si proietta velocemente su un oscuro futuro che fa a meno di un “cuore antico”, al nostro scrittore interessa fino a un certo punto la Storia ridotta a guerre, a saccheggi, ad atrocità, a cinici giochi diplomatici. Allora le storie “minori”, se non spiegano per intero la complessità dei fenomeni, servono ad aggiungere elementi non misurabili in termini commerciali o monetari, come la lingua o le usanze locali,e restano altrettanto necessarie per capire le dinamiche umane. Non solo è in armonia con la ricerca più aggiornata, ma dimostra in concreto il suo amore per la Storia ripercorrendola senza colpi d’accetta.
Peppe Sciabica