Gentile Direttore,
Molto probabilmente sarò ripetitivo scrivendole sempre le stesse cose, ma è doveroso condividere con lei il mio pensiero dopo la “morte dichiarata” del consorzio del vino Marsala.
Con una storia riconosciuta di ben 243 anni, considerando l’arrivo di John Woodhouse oppure di qualche millennio se consideriamo che i Fenici portarono la viticoltura a Mozia, non c’è stato modo migliore per sminuire la storia ed il prestigio del vino Marsala.
Abbiamo sminuito la fatica e la dedizione di migliaia di esperti contadini che con la loro esperienza e grande osservazione della natura, ci avevano regalato un patrimonio viticolo ed enologico all’avanguardia sin dal 700 degno di essere protetto e tutelato. Pensiamo alla bellezza dell’alberello marsalese, di cui adesso vantiamo troppo pochi ettari coltivati. Oppure al tipo di bottiglia Marsala, unica città in Italia che lega una tipologia di vino al nome della bottiglia.
Il nostro territorio è stato al centro di grande interesse internazionale e fiore all’occhiello dell’Italia, grazie agli inglesi a cui dobbiamo tanto e poi ai Florio che hanno fatto in modo di affermare una volta per tutte il vino Marsala portandolo sul serio in ogni parte del mondo “navigabile”.
Se conoscessimo un po’ di più la storia della nostra città, potremmo soltanto intuire la potenza ed il fascino che ha avuto in Europa e nel mondo negli ultimi 3 secoli.
Si. Sono contento, se così si può dire, che finalmente si chiude uno dei capitoli più tristi della storia e della gestione del brand Marsala, perché gli ultimi 30 anni senza dubbio sono stati i peggiori.
Purtroppo ho la brutta sensazione che questo periodo possa continuare ancora per un po’, perché noi marsalesi mostriamo ogni tanto di essere gente senza orgoglio.
Perché caro direttore, se avessimo un po’ di orgoglio considerando quello che è stato il nostro splendido passato, ci dovremmo rimboccare le maniche e dovremmo cominciare a mettere nero su bianco dei progetti validi, almeno per ricostituire una nuova entità che tuteli e promuova sul serio il vino Marsala fruttando anche i finanziamenti europei sulla promozione del vino. Perché ribadisco, come ho detto in altre lettere che ho scritto sull’argomento, ci sono alcuni imprenditori che da soli si muovono molto bene investendo tanto tempo e denaro, ma da soli non possono rilanciare un brand Marsala, c’è bisogno di una sana e vera cooperazione.
Invece no, la maggior parte dei nostri imprenditori sono fermi a guardare il proprio orticello e magari a farsi concorrenza sleale, altro che cooperazione.
Ci vorrebbe veramente poco a rimettere in moto la macchina operativa “vino Marsala”, con più passione, conoscenza della nostra storia e dedizione per un progetto comune.
Perché nonostante il vino Marsala sia ferito, dolorante e quasi moribondo è ancora vivo nella memoria di molti ed è in grado nel bene o nel male di far parlare ancora di se in giro per il mondo (pochino, ma se ne parla).
Vi voglio raccontare un episodio che ho vissuto questa estate, mi trovavo a Siena con un amico a cui raccontavo dei problemi del vino Marsala e delle potenzialità che ha. Ad un certo punto si avvicina a me un signore distinto di circa 60 anni e mi dice che mi sentiva parlare di vino Marsala e che voleva condividere con me un ricordo che gli era venuto in mente. Il vino Marsala è stato il primo vino che bevuto di cui aveva memoria, sua nonna glielo faceva bere sin da ragazzino. Quando questo signore mi raccontò il suo ricordo d’infanzia non vi nascondo che mi venne la pelle d’oca, mi fece capire ancora una volta quanto il Marsala era parte importante della realtà sociale italiana in passato. Per fare un paragone ad oggi, possiamo dire che aveva la notorietà ed il consumo del parmigiano reggiano.
Pertanto chiedo a tutti coloro che hanno a cuore il futuro del vino Marsala, con coraggio e volontà intestiamoci una rivoluzione culturale e colturale. Ci sono tante persone valide che possono ed hanno voglia di lavorare per il Marsala. Chiedo a tutti gli imprenditori, tecnici ed appassionati di far sentire la loro voce, di scrivere qualcosa a riguardo. Non possiamo subire la “morte” del consorzio senza una reazione. Usciamo fuori una volta per tutte l’orgoglio che soltanto noi italiani abbiamo nei momenti più difficili, facciamo in modo che le cose cambino.
Ivan Cappello