L’Associazione àKasa, costituita a Trapani nel 2014, svolge la sua attività nell’interesse esclusivo del diritto di proprietà secondo quanto previsto dalla Costituzione della Repubblica Italiana, dal Codice Civile e dalla C.E.D.U. contemperandola al rispetto dell’ambiente e del patrimonio naturalistico. L’ipotesi progettuale di intervento di àKasa è quella di intraprendere tutte le possibili azioni giuridiche contro l’ingiusta e contraddittoria applicazione della normativa relativa alla inedificabilità della fascia dai 150 metri dal mare, proprio al fine di salvaguardare la parità di trattamento tra i cittadini, oltre che all’interesse supremo di una “giusta ed equa” amministrazione della cosa pubblica. L’inerte e folle politica siciliana che ha applicato il motto Quieta non movere et mota quietare (“Non agitare ciò che è calmo, ma calma piuttosto ciò che è agitato”), non solo non ha prodotto i frutti sperati in relazione ad una evoluzione della norma giuridica applicata in Sicilia sugli immobili costruiti entro la fascia dei 150 metri dalla battigia del mare, ma si è resa complice della più discriminatoria gestione ed utilizzazione del territorio dell’intera costa regionale. Soltanto a titolo di sintesi, di seguito riportiamo i punti fondamentali della questione “150 metri”, poiché siamo certi che, chi si occupa della cosa pubblica, dovrebbe già conoscerla.
Nel 1976 viene pubblicata la L.R. 78/76 che dettava dei precetti per i Comuni da osservare in sede di redazione dei Piani Regolatori Generali, come: “le costruzioni debbono arretrarsi di metri 150 dalla battigia; entro detta fascia sono consentite opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare, nonchè la ristrutturazione degli edifici esistenti senza alterazione dei volumi già realizzati.” Da tale precetto comunque rimanevano esclusi tutti i territori già gestiti da un P.R.G. Come è ben noto a tutti, nonostante i tempi dettati dalla L.R. 71/78, le gestazioni di quasi tutti i piano regolatori dei comuni dell’Isola sono stati più che ventennali ed ancora oggi non tutti ne sono dotati. Nel frattempo le esigenze sociali, da sempre più dinamiche della pachidermica burocrazia, hanno prodotto, non solo in Sicilia e non solo sulle coste, una quantità, ancora non del tutto censita, di immobili abusivi tanto da costringere a varare con la L. 47/85 la prima Sanatoria recepita dalla Regione Sicilia con la L.R. 37/85. Sempre dell’85 è la cosiddetta Legge Galasso che prevede una fascia di rispetto per i primi 300 metri dalla battigia, che si va così a sovrapporre al vincolo esclusivamente siciliano dei 150 metri. Inoltre la legge Galasso imponeva alle Regioni di dotarsi del Piano paesaggistico dove individuare e perimetrare i vincoli ambientali e paesistici posti a tutela dei valori paesaggistici ed ambientali del territorio. Quindi, alla data della prima sanatoria, di fatto, non esistevano né i piani paesaggistici né la stragrande maggioranza dei P.R.G. dell’isola ed a ben dire quelli che già esistevano non prevedevano alcuna fascia di rispetto dei 150 metri perché dalla stessa L.R. 78/76 ne rimanevano esclusi. Ma perché è così importante questo dato? Perché significa che le aree private, sulle quali sono stati realizzati degli immobili in assenza di concessione edilizia, poste all’interno della fascia dei 150 metri dal mare, al momento della prima Sanatoria edilizia e cioè nel 1985, non risultavano soggette ad alcun vincolo di inedificabilità (dato che è facilmente riscontrabile tramite i certificati di destinazione urbanistica storico). Nonostante ciò, le numerosissime istanze di sanatoria presentate nell’86 per gli immobili realizzati all’interno della fascia dei 150 metri dal mare sono rimaste inevase e senza risposta sino a quando non è stata stabilita la retroattività della L.R. 78/76, sancita soltanto nel 2000 da una sentenza del C.G.A., quindi ad oltre 24 anni di distanza e che ha investito anche tutti quei territori che inizialmente erano esclusi dal rispetto del vincolo, rendendo migliaia di immobili titolari di concessioni edilizie, di fatto abusivi. Non solo, ma per potere sancire questa esecrabile retroattività, sono state necessarie altre due norme che specificassero il contenuto di alcuni articoli della L.R. 78/76 e cioè la L.R. 15/91 e la L.R. 17/94. Illuminante risulta il contenuto del comma 3 dell’art. 2 della L.R. 15/91 che recitava: Le disposizioni di cui all’articolo 15, primo comma, lettera a, d, ed e della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, devono intendersi direttamente ed immediatamente efficaci anche nei confronti dei privati. Esse prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. Il contenuto di questo comma sancisce tutti i ritardi e le inadempienze di tutte le Amministrazioni, Comuni e Regione, preposte al rispetto di uno dei vincoli più stringenti che la stessa politica regionale aveva creato, ribaltando l’adempimento dello stesso esclusivamente ai privati. Ma quali strumenti sono stati dati ai privati affinché loro potessero rispettare il vincolo? Certo i privati non avevano la possibilità di perimetrare le aree interessate dal vincolo, cosa che ovviamente rimaneva in obbligo ai Comuni tramite la redazione dei Piani Regolatori ed alla stessa Regione con la redazione dei piani paesistici. In questo senso risulta interessante e certamente da verificare tutto il resto del testo della L.R. 15/91 che ribadisce i tempi e gli obblighi per i Comuni e per uno specifico Assessorato e cioè quello per i beni culturali e ambientali e per la pubblica istruzione che, a sua volta, avrebbe dovuto notificare ai Comuni le zone di interesse paesistico, le aree, in cui è vietata, fino all’approvazione dei piani paesistici, ogni modificazione dell’assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia. Fatto sta che, ancora oggi, molti Comuni (se non tutti!) continuano a rilasciare concessioni edilizie dove di fatto non si potrebbe, e la Regione acconsente a delle deroghe che poco hanno a che vedere con il concetto di interesse pubblico, così per come specificato dal comma 11° dell’art. 89 della L.R. 6/01 che modifica ad amplia l’ancora più ristretto art. 57 della L.R. 71/78. Tutto quanto sopra premesso per dimostrare quanto la folle interpretazione retroattiva della L.R. 78/76 ha comportato un’ingiustizia che ha inciso profondamente sull’inviolabile diritto di proprietà di migliaia di Siciliani che di fatto non aveva violato alcun vincolo di inedificabilità ma che oggi, a distanza di 40 anni, si ritrovano privi non solo del loro immobile ma anche della superficie del lotto. Si perché nonostante la presenza del vincolo, oggi, per le Amministrazioni esproprianti tale vincolo decade non appena si ravvisa la pubblica utilità o l’interesse pubblico (due concetti ben diversi nella sostanza, ma che sono di fatto interpretati alla stessa maniera) dell’immobile e quindi la sua acquisizione. In pratica il più colossale furto mai perpetrato dalle Istituzione a danno di ignari cittadini che alle stesse Istituzioni si affidavano.
Si!!! I cittadini si affidavano! perché nel frattempo, nonostante tutte le scorrettezze giornalistiche abbiano detto il contrario, questi stessi cittadini hanno contribuito alle casse comunali e regionali versando tutti i tributi richiesti, ma non solo, questi stessi cittadini sono stati per anni delle sacche elettorali da utilizzare nei momenti politici più salienti. Quindi, alla luce di quanto sopra sintetizzato, ci è apparsa non solo tardiva, ma oltremodo beffarda la discussione che si è appena conclusa in seno all’Assemblea della regione Siciliana, e oltre qualsiasi limite di sopportazione civica, se non la vogliamo definire di sudditanza, il ricorrere alla Costituzione quando, per 40 anni, la stessa Costituzione è stata ignorata e calpestata. Sebbene non condividiamo il merito delle questioni portate in Assemblea, di certo plaudiamo l’aver riproposto la discussione sui 150 metri dalla battigia all’interno della sede appropriata ravvisando la necessità che la Politica Siciliana prenda atto della scellerata gestione delle coste siciliane. Certo è che il silenzio e l’avversione manifestate a volere seriamente risolvere questo problema, ormai definibile sociale, è ancora più inquietante se lo accostiamo al contenuto della Circolare n. 3/2011 del 10/05/2011 emanata dal Dipartimento Urbanistica – Servizio 5 – Unità Operativa 5.3 “Abusivismo Edilizio” che in sintesi indica ai Comuni le modalità per mettere a reddito gli immobili acquisiti al patrimonio comunale e nello stesso tempo definisce tale inadempimento causa di danno erariale. La domanda quindi nasce spontanea: com’é possibile che al cittadino venga espropriata la proprietà in nome di una suprema tutela ambientale, mentre gli stessi luoghi divenuti oggi di proprietà pubblica sono ritenuti dei beni da mettere a reddito decadendo così il tanto tutelato bene ambientale? Ma ancora più inquietante è il contenuto dell’art. 11 della L.R. 7/2011 che, in coerenza con il piano nazionale per il Sud, di cui alla delibera CIPE 11 gennaio 2011 n. 1, programma un piano straordinario per la conservazione, la messa a reddito e la valorizzazione di beni culturali, di beni forestali e del patrimonio costiero di proprietà regionale. In buona sostanza il progetto, già affidato alla Società Italiana Dragaggi-Gruppo DEME è il sostanziale affidamento ad unico soggetto del complessivo patrimonio demaniale costiero della regione siciliana che poi verrebbe dato in concessione a terzi incamerando i relativi canoni di uso o locazione. Tutto il contenuto della questione è stato ben evidenziato nell’interrogazione scritta n. 4-16369 presentata dall’on. Ermete Realacci il 31 Maggio 2012 , seduta n. 642 ed alla quale anche Noi attendiamo risposta. E’ ben noto a tutti Noi, divenuti “cittadini abusivi“ che, ormai, esauriti tutti gli iter procedurali dei ricorsi giuridici presentati contro i provvedimenti previsti dalla legge (diniego di sanatoria, ordinanza di demolizione, ordinanza di acquisizione), alle Procure della Repubblica Siciliane non rimane altro che applicare la Norma. Ma al contempo oggi siamo ben consapevoli che il nostro patrimonio immobiliare ha un valore inestimabile per gli obiettivi che intendono perseguire la Regione e lo Stato. Proprio in virtù di quanto premesso ed a seguito delle attività di studi e delle consulenze tecnico-legale effettuate dalla nostra Associazione, al fine della tutela del diritto di proprietà, attraverso i propri Soci che ne possedevano i requisiti, si è intrapresa una nuova procedura legale dei cosiddetti “casi pilota” al T.A.R. di Palermo avverso i Comuni di Custonaci, Trapani e Marsala per chiedere al T.A.R. e al C.G.A. di rimettere alla Corte Costituzionale la legittimità della retroattività dell’art.15 della L.R. 78/76. Inoltre, si stanno espletando altre iniziative, sempre volte all’insegna della legalità ed al fine di ripristinare 40 anni di diritti violati. Ringraziamo l’on. Realacci per aver citato la frase di Falcone e Borsellino “Il futuro della Sicilia, è legato a doppio filo alla legalità e alla bellezza. E alla buona politica” con la quale non possiamo essere che assolutamente d’accordo ma, alla luce di quanto sopra premesso, non possiamo tacere il fatto che, negli ultimi trentacinque anni, i primi ad aver violato le leggi in Sicilia sono state proprio le Amministrazioni Locali e Regionali, le classi politiche, i dirigenti, che hanno messo a rischio il diritto fondamentale di ogni cittadino al rispetto dei propri beni, diritto sancito dal primo comma dell’art. 1 della Convenzione Europea e come è stato chiaramente ribadito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la nota sentenza del 20 gennaio 2009 – Ricorso n. 75909/01 – Sud Fondi srl ed altri c/ Italia. Ed infine (e non per ordine di importanza) si vuole fare notare che, in tutti questi anni trascorsi, le Amministrazioni Comunali e Regionali non hanno mostrato l‘interesse alla demolizione degli immobili e all’esecuzione dei propri provvedimenti e che, ai cittadini, non sono stati rimborsati i diritti versati a titolo di oblazione per la Sanatoria i cui dinieghi sono arrivati soltanto successivamente alla data in cui si erano prescritti i termini utili per richiederne la restituzione.
Nella consapevolezza che questo è divenuto un enorme problema sociale in Sicilia, Vi invitiamo, pertanto, ragionevolmente, a:
prendere coscienza della situazione di incertezza del diritto per cui si è sviluppato il fenomeno dell’abusivismo edilizio contestualizzato nelle logiche sociali-politiche ed economiche degli anni 70/90;
assumerVi la responsabilità politica dell’avvenuta violazione del diritto di proprietà nei confronti dei cittadini che hanno costruito nella totale inconsapevolezza di violare una legge;
prendere atto che il cittadino, paradossalmente, con la costante manutenzione è riuscito a tutelare aree pregiate mentre, le Istituzioni hanno permesso la realizzazione di interventi irreversibili in aree di notevole prestigio ed interesse ambientale (per citarne alcune: le linee ferrate che costeggiano le coste messinesi, la centrale Enel di Termine Imerese, le serre tra Gela e Ragusa, le aree industriali nel Siracusano e tanti altri scempi che evocano il diritto alla legalità, ma di cui nessuno parla!). Pertanto con la presente chiediamo:
l’accertamento della reale consistenza degli immobili abusivi realizzati fino alla data dell’entrata in vigore della L.R. 15/91, attraverso la verifica con aerofotogrammetrie e delle carte tecniche e, quindi, il riesame di tutte le istanze ammissibili consentendo il recupero per i legittimi proprietari degli immobili che ricadono all’interno della fascia dei 150 metri dal mare;
di accertare le reali responsabilità della Regione e delle Amministrazioni locali, sia in termini di legiferazione che di inadempienze, riguardo il controllo e la gestione del territorio, con particolare attenzione anche al reale rispetto di tutti i vincoli ambientali, nessuno escluso, attuato tramite le previsioni dei piani Regolatori e Paesistici sin qui redatti e redigenti.
Nell’auspicata speranza che si possa avviare un percorso civile, democratico e soprattutto giusto per porre definitivamente la “Fine” a quarant’anni di delusioni nelle Istituzioni (Regioni, Comune, Tribunali), alle demolizioni che stanno creando nell’Isola gravi problemi come a Marsala e a Licata negli ultimi mesi e, soprattutto, per fare riacquistare al cittadino il ragionevole affidamento nelle stesse Istituzioni che NON lo rappresentano, ci rendiamo sin da subito disponibili a condividere tutti gli strumenti di cui disponiamo.
“Il diritto non deve mai adeguarsi alla politica, ma è la politica che in ogni tempo deve adeguarsi al diritto” (Immanuel Kant).
Associazione àKasa
Il Presidente Sabina Gianquinto