Per silenzio elettorale si intende l’arco temporale solitamente compreso tra la mezzanotte del venerdì precedente la domenica in cui si vota e l’inizio dello spoglio successivo alla chiusura dei seggi. In tutto, dura più o meno 48 ore (giusto un po’ di più se si vota anche il lunedì).
La cosa curiosa è che il silenzio elettorale stavolta sembra cominciato con grande anticipo. Del referendum del 17 aprile sulle trivellazioni, infatti, si sta parlando ben poco in questi giorni. Ieri mattina, ho tenuto accesa per un’ora la tv, in attesa che gli approfonditi tg di inizio giornata dicessero qualcosa sul tema. Il risultato è stato a dir poco desolante: vero, si parlava tanto delle difficoltà di Renzi, delle sue parole sui magistrati, dell’attacco di Cuperlo (che ogni tanto, come per magia, riappare) ed io, davanti alla mia colazione ero lì a pensare: “ora legano il racconto di quello sta succedendo dopo le dimissioni della Guidi e l’interrogatorio alla Boschi al referendum del 17 aprile…”. Nulla di tutto ciò, solo il racconto superficiale del “caso politico”. Nessun supporto informativo ai cittadini che vorrebbero saperne di più sul quesito per cui si andrà al voto, sulle ragioni del sì e del no.
Il nostro giornale, come risulta evidente guardando la testata, ha una posizione ben chiara sulle trivellazioni. Ma noi non abbiamo padrini o padroni e facciamo le nostre valutazioni in piena libertà. Da quel che si legge sugli organi di informazione nazionale o da quel che si ascolta in tv, l’impressione è che tanti altri non possano dire la stessa cosa. Chi è solito buttare sempre tutto in politica, tende a pensare che sia il solito atteggiamento accondiscendente della stampa verso il governo del momento. Personalmente, la ritengo una lettura superficiale.
Come hanno raccontato in questi giorni gli organi di stampa indipendenti, i colossi dell’energia hanno tutto l’interesse a portare avanti la propria attività di lobbing finanziando sagre paesane e squadre di calcio. Volete che non si facciano sentire anche dai gruppi editoriali solitamente più sensibili agli interessi delle multinazionali? La crisi economica e politica di questi anni ha infatti ridotto al lumicino l’autorevolezza dei partiti e dei movimenti politici, che in molti casi hanno conformato le proprie posizioni a quelle dei poteri che maggiormente influiscono sulle scelte che si compiono in Italia: la Chiesa e la grandi imprese. Lo ha fatto anche questo governo, ci mancherebbe. Ma che lo facciano i giornali, che dovrebbero essere i “cani da guardia della democrazia”, appare quantomai disdicevole. Specie quando occultano le notizie riguardanti un appuntamento elettorale, creando artatamente le condizioni per il mancato raggiungimento del quorum.