Bilanci e retoriche

Claudia Marchetti

Apertura

Bilanci e retoriche

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martedì 23 Febbraio 2016 - 07:30

Sono stati giorni in cui siamo rimasti in balia della vicenda Spalletti-Totti, della morte di Umberto Eco e della “sfida maternità” che ha invaso le bacheche social di inutilità. Probabilmente qualcuno ha forse dimenticato, ingiustamente, il bilancio dei 2 anni di Governo tracciato dal premier Matteo Renzi. E con l’aggiunta: “L’esecutivo termina nel 2018”. Sembra quasi una minaccia. Ecco perché per la verità, più di una giustificazione ci sarebbe a questo “passare inosservato”: evitare le solite retoriche del “abbiamo fatto” “va tutto bene”, “stiamo lavorando”. Il primo punto su cui Renzi torna volentieri, è quello della riforma del lavoro che, secondo i famosi dati Istat mal interpretati, porta, a detta dell’ex sindaco di Firenze, alla stabilizzazione con contratti a tempo determinato, si badi bene. In realtà come già avevamo scritto, si può trattare anche di più contratti stipulati dallo stesso lavoratore con la stessa azienda nell’arco di un determinato periodo. Ecco perché la disoccupazione giovanile è sempre alta nonostante il contentino della Garanzia Giovani che non si traduce (sempre) in assunzioni. Altra bandiera è la riforma della scuola che per Renzi è una delle migliori idee del secolo: purtroppo non ha risolto i problemi pensionistici creati dalla legge Fornero così come restano un grande punto interrogativo sono le assunzioni di quest’anno scolastico: al momento i neo docenti si sono accontentati di progetti e supplenze ma come verranno impiegati il prossimo anno? I “super” poteri al dirigente scolastico fanno paura così come la cosiddetta chiamata diretta che potrebbe portare nuovamente a distinguere “figli e figliastri”, mentre i 500 euro vincolati alla cultura potevano essere dati in busta paga magari per pagare le spese sanitarie. Ecco l’Italicum, che a dirla tutta ci disorienta più del Porcellum, perché andrebbero messe in pratica sia la soglia di sbarramento del 3% che il Premio di maggioranza per superare l’impasse dell’ingovernabilità. Questo è uno dei punti che ha spaccato il PD in tanti piccoli Cuperlo, Civati, Fassina che, aggiungendo il fronte Vendola, chissà se alle prossime elezioni avranno il coraggio di prenderne le distanze. Ci crediamo poco. Quella sulle unioni civili era il vanto di Matteo Renzi che dopo emendamenti, canguri e family day, dovrebbe essere approvata domani. Gli ultimi punti del bilancio riguardano il ruolo in Europa del Governo italiano (per cui si parla di accordi con la Francia per la spartizione di fette di mare), il salva banche (o salva Etruria in cui era implicato il padre del ministro Boschi) e la nuova legge sul CdA della Rai. Su quest’ultimo punto era già intervenuto duramente il giornalista Enrico Mentana: “Torniamo a 40 anni fa, ad una Rai che dipende sempre più dall’esecutivo, l’amministratore delegato con pieni poteri è Palazzo Chigi”. Ecco, a via di tenerci lontani dalle retoriche, l’abbiamo fatta, commentare i due anni di un Governo non eletto dal popolo.

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