Per comprendere meglio la tragedia che si è consumata ieri a Marsala abbiamo chiesto lumi a chi con l’anima e i suoi demoni ci combatte ogni giorno per lavoro. Ci siamo chiesti cosa possa spingere una madre ed una figlia a concordare la propria fine senza lasciare nulla al caso. Ricordiamo che nel pomeriggio di lunedì un padre di famiglia – lattoniere in pensione – allarmato da una parente che, telefonando a casa sua, non trovava risposta, è rientrato in casa, in via Archimede, trovando sua moglie di 63 anni e sua figlia di 25, riverse a terra, stroncate da un mix mortale di pillole. La ragazza soffriva di depressione e la mamma la accudiva. “Non conoscendo il caso – ha detto la psicologa Vitalba Casano – credo di poter comunque affermare che si tratta di una sconfitta per i servizi, sia per il pubblico che per il privato, intendo in termini terapeutici ovviamente. I servizi e chiunque le abbia avute in cura che, possibilmente non avrà compreso a pieno cosa stava per accadere”. Secondo l’esperta, quello che è accaduto è piuttosto insolito infatti, di solito, si verifica quello che viene definito omicidio – suicidio. È il classico stilema di Medea. La madre, in preda ad una depressione delirante, prima di togliersi la vita, uccide i figli credendo che in sua assenza nessuno potrebbe occuparsene. Nella vicenda avvenuta a Marsala, era la figlia, di 25 anni, a soffrire di depressione da oltre un decennio. Quindi si registra un’altra anomalia. Secondo lo psichiatra Gaetano Gurgone non è detto che si tratti di una carenza dei servizi. “Ci sono casi in cui sono i pazienti a mettere in atto una vera chiusura nei confronti di chi cerca di realizzare una terapia”. Fatto sta che quanto avvenuto è più consueto nelle coppie che nei rapporti madre-figlio. “Evidentemente c’era una forte relazione affettiva che avrà creato una coppia unita nella sofferenza”, al punto da giungere alla determinazione finale: unite nella vita, unite nella morte.
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