Ennesimo colpo alla rete del boss Matteo Messina Denaro. La sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, su richiesta della Dda, ha sequestrato beni per circa 20 milioni di euro riconducibili a soggetti già arrestati nel dicembre 2013 nell’ambito della prima operazione “Eden”. L’odierno provvedimento giunge al termine di una lunga attività di indagine svolta congiuntamente dai finanzieri del Gico di Palermo e dello Scico, e dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani che hanno permesso di ricostruire le infiltrazioni di Cosa Nostra e dei suoi leader storici negli affari di diverse società ed attività agricole e commerciali dislocate in diverse province della Sicilia e del Sud Italia.
In particolare, nel mirino dei magistrati e delle forze dell’ordine sono finiti stabilimenti, aziende operanti nell’edilizia e nel settore delle energie rinnovabili, attività agricole e commerciali, terreni, fabbricati, autoveicoli e disponibilità finanziarie per un valore di oltre 20 milioni di euro. In base a quanto emerso dalle indagini, una buona parte dei proventi delle aziende colpite dal provvedimento di sequestro servivano a finanziare la latitanza di Matteo Messina Denaro e, più in generale, i suoi interessi economici.
Tra i destinatari dei provvedimenti di sequestro spicca anche un cugino del boss castelvetranese, Giovanni Filardo, titolare di fatto di varie società edili “che a fronte di redditi esigui aveva importanti disponibilità risultate di provenienza illecita”, mentre a Francesco Spezia era stata fittiziamente intestata la Spe.Fra Costruzioni srl. L’inchiesta coinvolge anche Vincenzo Torino e Aldo Tonino Di Stefano, considerati prestanome di un’impresa del settore olivicolo, la “Fontane d’oro Sas”, mentre Antonino Lo Sciuto avrebbe gestito per conto dell’organizzazione mafiosa la realizzazione di importanti commesse pubbliche e private nell’area di Castelvetrano, tra cui le strade della zona industriale, le opere di completamento del “Polo tecnologico” di contrada Airone. Il nome di Lo Sciuto torna anche rispetto ai lavori per le piazzole e le sottostazioni elettriche del parco eolico “Vento Divino“, nel comune di Mazara del Vallo, in seguito a un “accordo spartitorio” con il locale mandamento mafioso. In questo contesto investigativo rientrano anche le indagini che hanno coinvolto Nicolò Polizzi, ritenuto organico alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara. Secondo gli inquirenti, avrebbe fatto pesare il proprio ruolo per condizionare le commesse pubbliche e private in ambito locale.
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