Nella maggior parte delle regioni italiane ieri è iniziato l’anno scolastico. Il presidente del Consiglio Renzi ha voluto dare un valore simbolico alla giornata, presentandosi a Palermo nel giorno del trentunesimo anniversario dell’omicidio di padre Puglisi. In altre aree del territorio siciliano, sono stati gli amministratori locali a dare il bentornato a scuola agli studenti dei diversi istituti. Tante belle parole, ma anche la sensazione di un eterno deja vu, di un copione che si ripete di anno in anno a prescindere dallo scorrere degli eventi. Mentre si invitano i giovani a impegnarsi nello studio, il nostro paese è sempre più vicino al fallimento e costringe i comuni a tirare la cinghia fino a mettere a rischio i servizi primari. Se guardiamo al nostro territorio, lo scenario è desolante. Strade al buio, tubature fradice, semafori rotti, strisce pedonali sbiadite. L’ultimo tassello verso il degrado potrebbe arrivare nei prossimi giorni, con il probabile sciopero dei dipendenti dell’Aimeri che potrebbero lasciare la spazzatura ad accumularsi per le strade.
In tutto ciò, come si fa a educare le giovani generazioni al culto di quella “grande bellezza” che il resto del mondo continua, nonostante tutto a riconoscerci? Come si fa ad alimentare il seme della speranza se crolla anche la certezza dell’ordinario? In una situazione del genere c’è un’unica strada: il linguaggio della verità. Spieghiamo davvero ai nostri studenti come stanno le cose e invitiamoli a crescere presto. Perchè serve anche il loro contributo per far rinascere questo paese. Serve una generazione che abbia un rapporto completamente diverso con il senso civico e che cominci a capire al più presto cosa significa far parte di una comunità, coltivare un sano spirito di cittadinanza. Se domani li vedremo protestare perchè nei loro istituti manca la carta igienica o i locali non rispettano gli standard di sicurezza, non mortifichiamoli dicendo che vogliono soltanto saltare qualche ora di matematica. Piuttosto, aiutiamoli ad essere più informati sui loro diritti, a chiedere conto di quel che è loro dovuto. Se li sentiamo lamentare delle cose che non vanno, chiediamo cosa pensano di fare per cambiarle. E se non sanno cosa rispondere incalziamoli fino a quando non ne saranno capaci. Perchè questo paese e questa terra non hanno bisogno di un’altra generazione buona solo a lamentarsi, né può permettersi di continuare a regalare ad altri le sue energie migliori. Serve una generazione capace, tra qualche anno, di prendere l’Italia in mano, di rivoltarla come un calzino e di ricostruirla su basi nuove.