Nel cuore del Mediterraneo, a metà strada tra la Sicilia e la Tunisia, sorge Pantelleria, isola di origine vulcanica, aspra e selvaggia, custode di una storia millenaria e di paesaggi mozzafiato. Tra i suoi angoli più suggestivi si trova la Balata dei Turchi, un’insenatura spettacolare situata nella parte meridionale dell’isola, che racchiude in sé un patrimonio storico, geologico e leggendario di grande fascino.
Un nome tra pietra e conquista
Il toponimo “Balata dei Turchi” unisce le tracce di due grandi civiltà che hanno attraversato il Mediterraneo: quella araba e quella ottomana. Il termine “Balata”, infatti, deriva dall’arabo balat, che significa “lastra di pietra” — un riferimento diretto alla caratteristica conformazione geologica della zona: un’ampia piattaforma naturale in pietra lavica che si estende fino al mare, ideale per sdraiarsi al sole o per tuffarsi nelle limpide acque turchesi. Il riferimento ai “Turchi” rimanda invece a un evento storico-legendario: un tentativo di incursione piratesca da parte delle flotte ottomane, probabilmente tra il XVI e il XVII secolo, durante l’epoca delle guerre corsare nel Mediterraneo. Secondo la tradizione, i Turchi tentarono uno sbarco in questa baia per razziare e rapire gli abitanti, come spesso accadeva in quell’epoca, con l’intento di ridurli in schiavitù. Tuttavia, il coraggio e la resistenza della popolazione locale sventarono l’attacco, rendendo questo luogo simbolo di difesa e resilienza.
Archeologia e antichità
Ma la storia della Balata dei Turchi è ben più antica. Le recenti ricognizioni archeologiche hanno evidenziato che quest’area era frequentata già 7000 anni fa, in epoca neolitica, principalmente per l’estrazione dell’ossidiana — la pietra vulcanica nera, tagliente e lucente, utilizzata per realizzare utensili e armi. Pantelleria, infatti, era uno dei più importanti centri di produzione e commercio di ossidiana nel Mediterraneo, e la baia della Balata rappresentava un punto ideale sia per l’attività estrattiva che come scalo marittimo sicuro.
Un rifugio tra le scogliere
Geograficamente, la Balata dei Turchi si presenta come un’insenatura racchiusa da alte falesie basaltiche, che raggiungono i 300 metri di altezza. Il paesaggio è imponente e selvaggio: pareti a strapiombo sul mare e una natura intatta che regala scorci spettacolari. La posizione riparata l’ha resa per secoli un punto strategico per i navigatori, che vi trovavano rifugio durante le tempeste improvvise che spesso colpiscono le rotte del Canale di Sicilia.
La leggenda della Madonna della Margana
Secondo la tradizione religiosa locale, la Balata dei Turchi sarebbe anche il luogo del miracoloso approdo dell’icona della Madonna della Margana, oggi patrona dell’isola insieme a San Fortunato. La leggenda narra che l’immagine sacra giunse qui trasportata dalle onde, sopravvissuta a un naufragio. Questo evento miracoloso rafforzò la devozione popolare e contribuì a rafforzare l’aura sacra e misteriosa che ancora oggi aleggia su questa baia.
Come raggiungerla oggi
Per chi desidera visitare la Balata dei Turchi, l’avventura comincia già dal tragitto. Occorre imboccare una strada sterrata di circa 4 km, che parte dalla perimetrale sud dell’isola, in prossimità della zona di Martingana. Il percorso, seppur panoramico, è dissestato e sconsigliato ai motorini. Si consiglia l’utilizzo di un fuoristrada o di un’auto adatta ai terreni irregolari. Una volta giunti al piccolo parcheggio finale, si prosegue a piedi per un breve tratto, facile da percorrere, fino a raggiungere la piattaforma rocciosa a picco sul mare. Per l’accesso in acqua, si raccomanda l’uso di scarpini da scoglio, poiché la zona, pur splendida, è rocciosa e selvaggia, come tutta l’anima di Pantelleria. La Balata dei Turchi non è soltanto una meraviglia paesaggistica: è un luogo che racconta storie di antiche civiltà, di resistenza contro le invasioni, di scambi e di fede. Visitandola, si ha la sensazione di tornare indietro nel tempo, in un Mediterraneo ancora intatto, dove la natura domina e la storia si mescola alla leggenda. Un luogo da scoprire, vivere e custodire con rispetto.