“L’attuale situazione nella quale versa il partito, nonché l’atteggiamento che certa parte della dirigenza ha mostrato nei miei confronti, mi costringe ad una decisione difficile e umanamente dolorosa ma necessaria. In questi anni, ormai più di dieci, ho dato il mio modesto contributo, girando in lungo e in largo la Sicilia, affinché ogni circolo, ogni singolo iscritto e militante sentisse la vicinanza del partito nelle piccole e grandi battaglie quotidiane, portando nelle sedi del nostro partito le tante istanze e proposte che provenivano dai territori, oltre ogni divisione di area e corrente”. Con queste parole Antonio Ferrante ha annunciato, attraverso una nota ufficiale, le proprie dimissioni dalla carica di presidente regionale del Partito Democratico. Una decisione destinata a fare rumore, tenuto conto che Ferrante è stato negli ultimi anni tra i dirigenti di punta del Pd siciliano, tanto da essere candidato alla Camera dei Deputati alle ultime elezioni politiche, nel collegio di Marsala (quello, per intenderci, che poi ha eletto la forzista Marta Fascina).
Ferrante parla di “un partito ormai ombra di sé stesso, lacerato dalle divisioni interne e proiettato già, elmetti in testa, verso un congresso che sin dalle prime battute appare come una guerra fratricida, prima che un confronto democratico per scegliere la classe dirigente, uno scontro all’ultimo sangue più feroce di quello con le destre”.
Nella sua nota Ferrante poi aggiunge: “Oggi più che mai, con i peggiori governi della storia, tanto in Sicilia quanto nel Paese, occorrerebbe unità e condivisione, qualità che difettano nel nostro partito perché soffocate dai personalismi e dalle logiche di schieramento interno”. In questo quadro “i dirigenti non eletti e gli organismi territoriali appaiono sempre di più foglie di fico in continuo assottigliamento”. Un quadro che Ferrante definisce “desolante” e “puntualmente coperto dietro l’opportunistica frase ‘ripartiamo dai circoli e dai territori'”
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, però, riguarda un’altra recente vicenda: “Ho trovato inaccettabile l’indifferenza, se non addirittura il boicottaggio, di quella che nelle intenzioni doveva essere la prima summer school del Pd Sicilia, un evento che avrebbe segnato una certezza oltre ogni classe dirigente e lanciato il messaggio che il partito vuole che i propri giovani sognino da leader prima che aspirare a fare i portaborse – spiega Ferrante -. Se poi si arriva addirittura ad organizzare in contemporanea una festa dell’Unità nella stessa provincia appare chiaro l’obiettivo di far passare in secondo piano un’iniziativa fondamentale in nome delle scaramucce precongressuali che non risparmiano neanche le nostre e i nostri ragazzi, come sempre vittime finali dei nostri errori. In questo quadro, per me, è impossibile continuare a dare il massimo come ho fatto in questi anni, impiegando tempo e risorse, con la consapevolezza che l’impegno dei tanti semplici dirigenti come me non potrà mai cambiare una mentalità da continuo ‘si salvi chi può’, una perenne lotta intestina per accaparrarsi gli ultimi vestiti in saldo prima che il negozio chiuda per fallimento”.
Alle parole di Ferrante risponde il segretario regionale Anthony Barbagallo: “Durante il mio mandato mi sono battuto per rinnovare la classe dirigente del PD, dando ampio spazio ai giovani e valorizzando anche le attività sui territori attraverso i circoli. Sono profondamente amareggiato per la scelta di Antonio Ferrante perché in questi 4 anni di intensa attività politica abbiamo sempre condiviso progetto e obiettivi. Ritengo le questioni poste serie e necessarie di approfondimento. Mi auguro che la Direzione respinga le dimissioni e che, anche con un dibattito franco, si possa riprendere il percorso che ci porterà al congresso per il rinnovo di tutti gli organismi”.