Ucraina e Gaza. Ma anche Yemen, Tigrai, Sudan, Birmania. Senza contare le guerre a bassa intensità, che si trascinano da decenni (come quella tra India e Pakistan per il controllo del Kashmir). Tuttavia, restando fedeli alla definizione di guerra (“Conflitto aperto e dichiarato fra due o più stati, o in genere fra gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi condotto con l’impiego di mezzi militari”) nel mondo ce ne sono attualmente 60. Di fatto, gli storici considerano che dal 7 luglio 1937 ad oggi (a partire dall’invasione della Cina da parte del Giappone) non c’è stato un giorno senza guerre nel pianeta, trasformando in qualcosa di molto simile a un’utopia l’idea di un mondo in pace che pure continua ad animare i sogni e le speranze di una parte consistente (forse anche maggioritaria) della popolazione terrestre.
La celebrazione della Pasqua, solitamente, coincide con auspici di pace e comunione tra i popoli, nel nome del Cristo Risorto che – al di là delle credenze religiose di ognuno – rappresenta un simbolo di fratellanza universalmente riconosciuto.
Tuttavia, quest’anno più che mai, la sensazione è che il mondo si stia avvicinando (o che sia già dentro) a qualcosa di molto simile a un conflitto globale, combattuto in maniera diversa dal passato. Siamo in guerra facendo finta di non esserlo. O, comunque, continuando a vivere, progettare e – soprattutto – a consumare come se non lo fossimo. Poi c’è l’altra guerra, tra il genere umano e il creato che sta animando da anni il dibattito mediatico: quella riguardante i cambiamenti climatici e la fondata possibilità che le prossime generazioni si troveranno a vivere in un pianeta molto diverso da quello ereditato dai propri genitori e dai propri nonni. Con buona pace dei negazionisti del clima, il 2023 è stato l’anno più caldo di sempre e la sensazione è che il 2024 dovrebbe mantenersi sulla stessa scia, con tutte le conseguenze del caso. Ma, al di là di qualche condivisibile dichiarazione di intenti, la sensazione è che i grandi della terra non abbiano voglia di impegnarsi a invertire la rotta per non intaccare interessi radicati che, evidentemente, per qualcuno contano di più. Quando prova a farlo Papa Francesco, le reazioni oscillano tra l’indifferenza, il disappunto e l’irritazione (come nel recente caso dell’auspicato negoziato tra Russia e Ucraina).
Negli ultimi anni decenni, a fronte delle difficoltà a incidere sulle scelte globali, è prevalsa la diffusione di un’idea di pace interiore: un traguardo prezioso per il nostro benessere individuale, che però si scontra con un contesto generale che somiglia sempre più a uno scenario apocalittico, in cui crollano ponti, palazzi e certezze. Mentre i movimenti di massa – no global, pacifisti o in difesa del clima – sono stati combattuti con i manganelli o con la macchina del fango imbastita dai media.
Di fronte a tutto ciò non è facile trovare in questa Pasqua qualcosa di solido a cui aggrapparsi e – del resto – non fu facile nemmeno per il Figlio di Dio. Ma, nonostante tutto, abbiamo il dovere di provarci, perchè il futuro non si salva da solo. E chissà che anche per il nostro pianeta non arrivi il momento della Resurrezione.