Con il nuovo governo di destra sono tornate le tensioni internazionali intorno al tema dei migranti. Un tema affrontato spesso in maniera maldestra dai leader politici europei, che giocano a scaricabarile con un occhio ai sondaggi. Quel che sconcerta è che, in questi giorni come ai tempi di Salvini al Viminale, si gioca sull’emergenza alzando la tensione.
Strategie politiche, schermaglie dialettiche, frasi discutibili in cui si allude a fantomatiche “pacchie finite”, alle navi ong come “taxi del mare” e ai passeggeri come a bordo come “carico residuale”: tutto normale, se non ci fossero di mezzo centinaia di vite umane. Donne, uomini e bambini che – lo ricordiamo ancora una volta – non sono numeri, né manichini di plastica, ma persone in carne e ossa, che fuggono da guerre, persecuzioni, stupri, torture, detenzioni arbitrarie, come faremmo anche noi al loro posto.
E’ vero che l’accoglienza non può essere un affare soltanto italiano e che l’Europa dovrebbe fare un ragionamento più ampio sui rifugiati, i migranti economici e, più in generale, sulla questione demografica. Tuttavia, qualsiasi ragionamento appare pretestuoso e stucchevole se viene fatto mentre i migranti sono in balìa della tempesta, quando l’unica strada da percorrere è prestare soccorso a chi rischia la vita. “Il solito buonismo”, direbbe qualche cinico polemista del nostro tempo. Ma, in realtà, non è che la legge del mare: vecchia, saggia e sempre attuale. Perchè c’è un tempo per discutere e uno in cui agire, preferibilmente con umanità.