L’elezione alla presidenza della Regione Siciliana di Renato Schifani mi ha riportato indietro di 21 anni, alla prima candidatura di Totò Cuffaro alla guida del governo isolano. A differenza di Silvio Berlusconi, che in quel periodo spopolava, si faceva fatica a trovare qualcuno che dicesse espressamente di voler votare per lui. Eppure, Cuffaro vinse con ampio margine su Leoluca Orlando (che non era sicuramente l’ultimo arrivato, politicamente parlando) e governò per altri 7 anni, fino alla condanna per favoreggiamento, festeggiata con un bel vassoio di cannoli. Mi convinsi che Cuffaro non piacesse alla gente comune e che chi lo votava, sotto sotto, se ne vergognasse. Ma il politico di Raffadali avrebbe vinto qualsiasi competizione elettorale in quel periodo perchè aveva un requisito che ad altri mancava: piaceva al potere.
In queste settimane ho stentato a trovare qualcuno che mi dicesse che avrebbe votato Renato Schifani, apprezzandone le qualità o la visione. Tante persone, anche dell’area moderata, mi hanno confessato che non avevano nessuna voglia di sostenerlo preferendo, piuttosto, votare per Cateno De Luca. Tuttavia, le sciagurate divisioni del campo progressista hanno creato le condizioni per una vittoria semplice di Schifani (ma sarebbe finita allo stesso modo anche se il centrodestra avesse candidato un cavallo). Eppure, non si ricorda un’opera, un manufatto, una legge, una battaglia a beneficio della Sicilia che si possa riconoscere a Renato Schifani nella sua trentennale carriera politica, scandita da diversi incarichi, culminati, nel 2008, con l’elezione alla presidenza del Senato. Al massimo, si ricorda la sua firma sul Lodo Schifani (poi dichiarato incostituzionale) che prevedeva la sospensione dei processi che coinvolgevano le più alte cariche dello Stato, o le indagini a suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa (conclusesi, comunque con l’assoluzione) o il processo (tuttora in corso) nell’ambito del corposo filone d’inchiesta legato al sistema Montante.
Come Cuffaro, dunque, Schifani piace poco al siciliano medio che si vergogna di ammettere di averlo votato, ma piace tanto al potere, deciso a puntare su un politico affidabile, misurato, disponibile al confronto (e al compromesso), ritenendolo l’uomo migliore per la gestione dei fiumi di denaro in arrivo sull’isola con il PNRR. Del resto dopo due opposte anomalie – Crocetta e Musumeci – Miccichè e la sua corte non avevano alcuna voglia di correre rischi. Hanno scelto uno di loro.