Castellammare del Golfo, Paceco, Calatafimi Segesta. Tre Comuni del trapanese che, in misura diversa, hanno tanto da dare in termini di bellezze storiche o paesaggistiche, accomunati da un infausto destino: tutti e tre sono amministrati da sindaci finiti indagati in operazioni antimafia. Anche in questi casi, la presunzione d’innocenza è d’obbligo. Tuttavia, i fatti emersi nelle ultime ore confermano che in provincia di Trapani il problema della raccolta del consenso continua a esistere e a condizionare le competizioni elettorali. Contestualmente, va anche detto che rispetto a 10-15 anni fa, la politica locale parla sempre meno del problema delle infiltrazioni mafiose, nonostante il trapanese continui ad essere il territorio di Matteo Messina Denaro e della sua infinita rete di complicità, che continua a creare le condizioni di una latitanza che sembra non finire mai, alla faccia dei titoli di certe testate giornalistiche, che di fronte ad ogni operazione antimafia sono soliti sostenere che “si restringe ulteriormente il cerchio intorno al boss”. E, invece, come nell’epica fatica di Sisifo, sembra che ad ogni meritoria operazione antimafia condotta da magistratura e forze dell’ordine corrisponda un nuovo tentacolo attorno a cui si intrecciano connivenze e collusioni che solo dopo qualche tempo si mostrano nella loro evidenza.
Se dunque, appare esagerato definire Trapani “capitale di mafia” come ha fatto ieri Repubblica, appare incomprensibile il silenzio della politica del territorio, quella che dovrebbe fare antimafia residente, senza aspettare le prese di posizione o le direttive dei parlamentari nazionali o regionali. E’ anche per colpa della mafia se la provincia di Trapani continua a navigare nei bassifondi delle classifiche sulla qualità della vita: perchè al di là dei tramonti, dei siti culturali, delle riserve naturalistiche, del buon bere e del buon mangiare, c’è una quotidianità in cui è tutto estremamente lento e complicato per chi vuole avviare una nuova azienda, vuole mettere le proprie competenze al servizio del settore pubblico (sanità, amministrazione, istruzione) o, semplicemente, sarebbe ben lieto di lavorare in smart working nella propria terra se gli venisse assicurata una connessione stabile e dignitosa, in linea con il resto d’Europa.
Finchè tutto resterà così, sarà facile per chi in questo sistema ha trovato il proprio posto al sole, suggerire scorciatoie e sentieri privilegiati, per poi attendersi obbedienza e riconoscenza. E a quei pochi che ancora ci credono, non resterà che guardare con malinconia gli aerei che periodicamente ripartono da Birgi o Punta Raisi, carichi di cervelli straordinari made in Sicily che difficilmente avrebbero trovato spazio in queste latitudini.