La mappa del 2019

Vincenzo Figlioli

La mappa del 2019

Condividi su:

martedì 01 Gennaio 2019 - 12:50

Appuntamenti, scadenze e tematiche attorno a cui ruoterà il nuovo anno

C’è una data che da mesi gran parte degli operatori del mondo politico e giornalistico del Vecchio Continente hanno cerchiato in rosso: è il 26 maggio, giorno in cui i cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea torneranno alle urne per eleggere i componenti del Parlamento Europeo. E’ la nona volta che si vota per le elezioni Europee, ma stavolta saranno consultazioni non banali. Dimenticate quelle del passato, vissute prevalentemente come test nazionali e che vedevano i principali partiti riempire le liste di personaggi di secondo piano o persino di attori, cantanti e soubrette. Stavolta si farà sul serio e non è un caso che anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia voluto dedicare alle elezioni europee e alla tragica morte del giovane Antonio Micalizzi, un passaggio importante del suo discorso di fine anno. L’ultima volta che si votò non c’era ancora stata la Brexit né l’elezione di Donald Trump e il dibattito mediatico non era stato ancora avvelenato dal germe delle fake news. Non c’era stati l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo, né la strage del Bataclan a Parigi. In Italia, addirittura, il Pd di Renzi fu protagonista della sua migliore performance, raggiungendo un 40% di consensi che sembrava aprire all’ex sindaco di Firenze una lunga stagione da protagonista della politica italiana. Sembra un’era fa. In cinque anni il mondo e le prospettive europee sono cambiate radicalmente e il delicato passaggio elettorale che si consumerà a maggio sarà decisivo per capire se i cittadini del Vecchio Continente daranno forza ai partiti europeisti (nell’auspicio che nel frattempo abbiano stiano maturando una visione meno tecnocratica dell’Unione) o ai movimenti sovranisti che puntano (ma non lo dicono) all’archiviazione del sogno europeista per tornare ai vecchi schemi nazionalisti. Di fronte a uno scontro così radicale, è lecito aspettarsi una campagna elettorale dai toni molto duri.

Per quanto riguarda la Sicilia, i parlamentari uscenti sono cinque: i democratici Caterina Chinnici e Michela Giuffrida, il pentastellato Ignazio Corrao, i forzisti Giovanni La Via e Salvo Pogliese (ora anche sindaco di Catania). Qualcuno ci riproverà, qualcun altro verosimilmente lascerà spazio ad altri. Impensabile immaginare che possano essere tutti riconfermati, peraltro in un collegio che vede storicamente la Sicilia assieme alla Sardegna (che nel 2014 portò a Bruxelles Renato Soru, Salvatore Cicu e Giulia Moi).

Logica vorrebbe che il 26 maggio vengano fissate anche le elezioni amministrative che porteranno al rinnovo degli organi di governo municipali, seguendo il criterio dell’election day che permetterebbe di risparmiare un bel po’ di soldi pubblici. In Sicilia andranno alle urne 34 Comuni, in gran parte con una popolazione inferiore ai 15.000 abitanti. L’unico capoluogo di provincia interessato da questa tornata è Caltanissetta, ma si vota anche in altri centri importanti, come Gela, Bagheria, Pachino, Monreale e San Cataldo. Nel trapanese andranno alle urne gli elettori di due centri politicamente importanti come Mazara del Vallo e Salemi: nella città del Satiro, va in archivio il secondo mandato di Nicola Cristaldi, che pare pronto a sostenere l’ex avversario Pino Bianco in un progetto di alleanza trasversale che sta facendo molto discutere; a Salemi, si attende l’ufficializzazione della ricandidatura di Domenico Venuti, che la scorsa estate ha lasciato gli incarichi dirigenziali ricoperti per conto della segreteria regionale del Pd, rimanendo comunque uno dei riferimenti più autorevoli dell’area democratica nei Comuni del territorio. In privincia di Trapani si voterà anche a Calatafimi Segesta (sindaco uscente Vito Sciortino) e a Salaparuta (sindaco uscente Michele Salvatore Saitta). Da seguire con attenzione la situazione politica a Castelvetrano, dove permane il commissariamento in seguito allo scioglimento per infiltrazioni mafiose, a Campobello di Mazara e a Marsala, dove si avviano a conclusione i primi mandati di Giuseppe Castiglione e Alberto Di Girolamo.

Il 2019, per noi che raccontiamo questo territorio, continuerà a ruotare attorno a una serie di tematiche su cui ci siamo già soffermati abbondantemente negli ultimi anni: il futuro delle ex Province, sempre più sull’orlo di un default che comprometterebbe servizi essenziali per la pubblica utilità (in primis strade e scuole) in una situazione generale di grande criticità per gran parte dei pilastri su cui per tanti anni si è poggiato il nostro welfare; l’aeroporto “Vincenzo Florio” di Birgi, i cui destini continuano ad apparire estremamente precari tra la riduzione dei voli e dei passeggeri, le difficoltà emerse con gli ultimi due bandi per il co-marketing e la problematica fusione con Punta Raisi; sul fronte dei collegamenti, verosimilmente, continueremo a sentire parlare di ammodernamento della rete ferroviaria, di bretelle o metropolitane di superficie, ritrovandoci però puntualmente a percorrere la Sicilia con i soliti disagi a fronte di un’emigrazione giovanile (miopemente sottovalutata) che ogni anno priva il Sud delle sue energie migliori; diversa l’attenzione riservata all’immigrazione in entrata, argomento che trova ampio spazio nell’agenda setting politica e mediatica italiana fino ad alimentare una logica xenofoba che ha prodotto a fine 2018 il decreto sicurezza voluto dal Ministro Matteo Salvini che rischia di annullare gran parte del lavoro fatto sul fronte dell’integrazione dei richiedenti asilo provenienti da zone di guerra o in fuga da persecuzioni e sanguinari regimi dittatoriali; immancabile il tema dei rifiuti, che anche alla fine dell’anno ha messo in ginocchio i centri principali sulla base di un modello incentrato sulla logica delle discariche che appare sempre più inadeguato a fronte di una cultura della raccolta differenziata che cresce ancora troppo lentamente in alcune aree dell’isola.

E poi c’è l’eterna caccia Matteo Messina Denaro: ogni anno scriviamo delle operazioni e dei blitz che indeboliscono la rete di fiancheggiatori e sodali del latitante castelvetranese. Ogni anno, al contempo, ci ritroviamo a fare i conti con l’amara constatazione che lo Stato non riesca a prendere l’ultimo reduce della stagione delle Stragi. Se il 2018 è stato l’anno in cui la prima sentenza sulla Trattativa ha consentito di piazzare alcuni importanti tasselli su quegli anni, l’auspicio è che nel 2019 quel complesso mosaico possa ulteriormente comporsi con l’arresto di Messina Denaro, un uomo che rappresenta una sorta di scatola nera vivente di una buona parte della storia italiana degli ultimi 20 anni e che forse, anche per questo, è fin qui riuscito a prolungare la propria latitanza oltre ogni accettabile logica.

Condividi su: