La mia generazione ha perso…

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La mia generazione ha perso…

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giovedì 18 Ottobre 2018 - 10:10

La mia generazione ha perso, diceva Gaber. Aveva profondamente ragione sotto ogni punto di vista. Il punto, quello che ci interessa in questo momento storico-culturale – se di cultura si può parlare – sono i recenti atti di bullismo che hanno colpito la città di Marsala. Un ragazzo è stato picchiato a sangue da un altro coetaneo, all’interno di un gruppo, probabilmente un branco. Quello che i miei occhi vedono, al momento, è un ragazzo in un letto d’ospedale con gravi danni fisici ed un altro tratto in arresto dai Carabinieri, con l’obbligo di dimora e di presentarsi in Polizia Giudiziaria.

I miei occhi vedono due ragazzi segnati – da vittima e da carnefice – nel loro percorso di giovani uomini, in una società che già li ha etichettati come il reato che, per parte, li vede coinvolti: il bullismo. Non è che il “branco” non fosse mai esistito, anzi. Ai tempi dei nostri nonni, dei nostri padri, la legge della strada era severa: un errore, un tiro mancino, una debolezza, e ti ritrovavi con un occhio nero. La legge del più forte ha sempre dominato la cultura patriarcale, giungendo ai giorni nostri nella veste di vero e proprio allarme sociale. Dati Istat hanno rivelato che un adolescente su due è vittima di bullismo nelle sue varie forme. Il periodo più critico va dagli 11 ai 17 anni. Non sto qui, non essendo psicologa o psicoterapeuta, a spiegare cosa determina il bullismo, ma sicuramente la colpa è dei modelli comportamentali e di crescita, ciò che circonda l’ambiente in cui nasce e cresce un bambino. Ciò vale sia per la vittima che per il bullo. Abbiamo fallito, è evidente. Ha fallito la famiglia, l’educazione genitoriale alle prese con i problemi quotidiani, il lavoro, le corse contro il tempo. Genitori peggio dei loro figli, col naso sul cellulare a scorrere Facebook e i “Bungiorno a te” spammati su WhatsApp. Qualche volta dovrebbero alzarli anche loro gli occhi sui figli.

Ha fallito il sistema scolastico, sempre più digitalizzato, “gemellato”, perso tra mille progetti europei, i cui docenti sono sull’orlo di una crisi di nervi per via del caos di concorsi, graduatorie, nuovi bandi e chi più ne ha più ne metta. Per le grandi possibilità che oggi il mondo offre, dovremmo essere tutti scienziati ed invece riusciamo ad utilizzarne sì e no il 20% e il più delle volte male. Fattori che assorbono e condizionano ormai ogni aspetto della nostra vita. Come ho già detto, quello che dovremmo fare è alzare gli occhi e preoccuparci di ciò che abbiamo intorno. Questo “è il potere dei più buoni”, diceva sempre il buon Gaber. Io mi permetto di sostituire, per età e tempi storici, l’ausiliare con la congiunzione, ponendo una domanda: “e il potere dei più buoni”? Che fine ha fatto il potere dei più buoni? Non è (più) un mondo per deboli.

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