Scorrendo gli articoli scritti negli anni scorsi, ci rendiamo conto che c’è sempre stato un momento in cui ci siamo ritrovati a constatare il ritardo dell’amministrazione comunale di Marsala nell’organizzazione degli eventi estivi. E’ vero che in provincia di Trapani c’è ancora poco di definito (una delle poche eccezioni, anche quest’anno, è rappresentata da Petrosino). Tuttavia, è chiaro che le dodici amministrazioni appena insediate non fanno testo, perchè non hanno avuto il tempo. Nè può costituire un termine di paragone Castelvetrano, ancora commissariata dopo lo scioglimento dello scorso anno per infiltrazioni mafiose.
Via via, viene fuori il calendario del “Cinema sotto le stelle”, qualche indiscrezione sul Festival del Tramonto o su altre iniziative promosse da privati (come la terza edizione di MarSale). Ma la sensazione è che, anche quest’anno, si stia procedendo con il consueto ritardo sulla tabella di marcia. Solitamente, si tende a ripetere una formula o un piano d’azione quando si ritiene che abbia funzionato bene nel tempo. Quando invece si è consapevoli di aver lavorato in emergenza il primo anno, si dovrebbe capire che per gli anni successivi andrebbe cambiato registro, a partire dai tempi di programmazione degli eventi. Un discorso antico, che però torna sempre d’attualità, specie se si ha l’ambizione di legare le politiche culturali ai flussi turistici o se si intende coinvolgere altri enti o sponsor privati per attivare utili sinergie. Tutto ciò, però, non basta: perchè oggi, più che in passato, occorre anche fare i conti con un rapporto tra i marsalesi e le politiche culturali che si è evidentemente sfilacciato.
Qualche giorno fa abbiamo scritto della chiusura del Baluardo Velasco, spazio quantomai prezioso per gli amanti delle arti. Ci saremmo aspettati una manifestazione di attenzione da parte dell’amministrazione comunale, un po’ come accade quando la squadra di calcio della città rischia di non iscriversi al campionato. Ci siamo invece ritrovati di fronte a un assordante silenzio. Eppure, proprio grazie al Baluardo Velasco, sei anni fa, ci fu la possibilità di restituire per la stagione estiva alla città un contenitore di rara bellezza come la Chiesa dell’Itriella, teatro di una rassegna di grande qualità in cui spiccava il concerto del compianto Gian Maria Testa. Quell’esperimento non fu mai più ripetuto e l’Itriella continua, nel silenzio dei più, a costituire uno dei simboli delle occasioni perdute del centro storico marsalese.
Due anni fa, nacque con ammirevoli auspici un Cantiere culturale degli artisti marsalesi: sembrava potesse sancire l’inizio di una nuova forma di comunicazione tra operatori del settore e amministrazione comunale. A distanza di 24 mesi, appare chiaro come ci si trovi di fronte a una nuova occasione perduta.
E persino le due stagioni teatrali invernali, affidate alla direzione artistica di Moni Ovadia e Mario Incudine, pur potendo contare su spettacoli di indubbio valore, non sono state in grado di ricucire i frammenti di un discorso d’amore interrotto.
A ciò si aggiunge la spiacevole impressione che il pubblico si muova sempre con maggiore pigrizia, finendo per affollare il saggio (di teatro, danza o musica) in cui è coinvolto un familiare, lo spettacolo a cui partecipa l’amico, l’iniziativa promossa dalla propria associazione o dal proprio club service, finendo per vivere la cultura come un rito che ha più a che fare con relazioni sociali e conventicole che con l’arricchimento del proprio bagaglio personale.
Eppure, mai come adesso, avremmo bisogno di cultura: di film su cui discutere, di concerti in piazza, di dibattiti, di occasioni di confronto e di riappropriazione degli spazi pubblici. Avremmo bisogno di uscire dai nostri steccati domestici o virtuali per aprirci alla contaminazione.
Servirebbe un’azione forte e decisa, capace di ricostruire anzitutto un dialogo tra le parti (istituzioni, artisti e pubblico), in modo da riaccendere entusiasmi e partecipazione. Una sorta di rivoluzione copernicana rispetto all’impianto a cui siamo abituati: piuttosto che partire dal calendario per poi attendere fiduciosamente gli spettatori, occorrerebbe scommettere su un nuovo percorso incentrato sul confronto per poi giungere alla stesura di un programma. E’ un approccio che presuppone un lavoro lungo e complicato. Ma, oggi più che mai, vale la pena tentare.