Libertà è partecipazione

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Libertà è partecipazione

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mercoledì 08 Ottobre 2025 - 06:30

C’è un giorno per un Paese che dovrebbe essere considerato più bello degli altri. E’ il giorno in cui i cittadini riempiono le piazze e le strade per manifestare il proprio pensiero. Com’è successo qualche giorno fa in diverse città italiane, dalle metropoli del centro-nord fino a Trapani. In Italia, invece, la libera espressione delle idee viene vista, da tempo, come la peste.

Se scioperano gli studenti si dirà che lo fanno solo per fare un giorno in meno di lezione. Se scioperano i lavoratori si farà il conto di quanto Prodotto Interno Lordo è andato perduto. A chi manifesta per la Palestina verrà chiesto perchè non è sceso in piazza per il Sud Sudan. Mentre a chi partecipa a un corteo che si è svolto pacificamente verrà chiesto di dissociarsi da quelli che hanno rotto le vetrine. Per molti, il Paese perfetto è quello in cui non si sciopera mai, si esce di casa solo per lavorare e consumare, i giovani non staccano gli occhi dai propri smartphone e gli intellettuali sono tutti allineati al pensiero dominante. Quello in cui (apparentemente) si è tutti d’accordo e nessuno si permette di disturbare chi governa. Come nelle dittature.

E’ sconvolgente la violenza con cui, in questi giorni, la destra di governo e la stampa al suo servizio hanno bastonato mediaticamente gli equipaggi della Global Sumud Flotilla, la Cgil, le donne e gli uomini che hanno manifestato la propria opposizione al genocidio che il governo Netanyahu sta compiendo da due anni nei confronti della popolazione palestinese. Per non parlare dei social, che rappresentano una bolla a parte. Parole ed espressioni ripugnanti, che hanno soltanto una spiegazione: il timore che il movimento popolare che si è creato nelle città italiane possa, in qualche modo, erodere i consensi del governo Meloni. Come se lo Stato fosse una proprietà privata, appartenente a una coalizione che, sentendosi legittimata dal voto, ritiene di aver acquisito un potere assoluto e che dedica la maggior parte dei propri sforzi alla demonizzazione delle opposizioni e a tutti coloro che provano a mettere in discussione il pensiero dominante. Tutto ciò, senza capire che una democrazia è tale solo se i diritti che ne costituiscono la base vengono realmente esercitati. Anche quando non ci piacciono gli slogan, le bandiere o i cartelloni che vengono portati in corteo.

Nulla di nuovo, sotto il sole. Era già successo (con particolare violenza) ai tempi del G8 di Genova e del movimento No Global oltre che – in scala ridotta – anche in altre situazioni più recenti. Si spera sempre che la politica possa imparare dai suoi errori e che la storia non si ripeta. Nel nostro tempo, purtroppo, la sensazione è proprio opposta.

L’Italia è sicuramente un Paese imperfetto, che spesso è stato malgovernato. Ma per fortuna, non è ancora un Paese rassegnato. E la notizia più bella è averlo dimostrato.

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