Non c’è giorno della settimana che non cominci con il solito acre odore di bruciato. A volte è più forte e fastidioso, a volte si percepisce in dissolvenza. Accompagna i risvegli dei lavoratori che escono di casa quando ancora non c’è traccia della luce del sole o degli studenti che si preparano per arrivare puntuali alla fermata dell’autobus che li porterà a scuola. La zona sud di Marsala, Petrosino e la parte nord di Mazara sono da tempo interessati da incendi, più o meno vasti, che continuano a verificarsi con inquietante regolarità. Si tratta di roghi che non avvengono nelle ore più calde della giornata, ma durante la notte, quando la temperatura si abbassa, le luci si spengono e la maggior parte dei residenti dorme. Nella maggior parte dei casi divampano a distanza di sicurezza dai centri abitati, interessando prevalentemente aree disabitate, in cui non c’è nessun rischio diretto per la popolazione. Non attirano i tg regionali come quelli che hanno devastato la Riserva dello Zingaro e Monte Cofano, ma il danno ambientale che provocano è comunque potenzialmente enorme per chi, ogni mattina, si ritrova a respirare per mesi quell’acre odore, tipico della plastica bruciata (o magari di altro materiale, anche più nocivo alla salute).
Anni fa, un collaboratore di giustizia affermò che, nelle campagne tra Marsala e Mazara, i boss di Cosa Nostra autorizzavano il passaggio di automezzi carichi di rifiuti di ogni genere, che venivano impunemente gettati nelle cave dismesse. Dichiarazioni sicuramente da approfondire, tenuto conto che una pratica del genere avrebbe un grande impatto sulla qualità dell’acqua che arriva nelle case di chi abita in quelle zone, come insegna la vicenda della Terra dei Fuochi in Campania. Tempo fa, opportunamente sollecitata dal presidio locale di Libera, la Procura di Marsala fece sapere informalmente che c’erano delle indagini in corso, lasciando intendere che di lì a poco sarebbero potute arrivare significative novità. A distanza di diversi anni, di quella vicenda non si è saputo più nulla, mentre il mondo politico ha continuato a mostrare scarso interesse a riguardo. Eppure, sui social capita spesso di leggere post o messaggi di cittadini estenuati da questa situazione: “E come di consueto, ci stanno avvelenando”, scriveva qualche giorno fa una marsalese; “Ho inviato diverse pec, ma nessuno mi ha mai risposto”, ha commentato un altro utente.
Al di là dell’estinzione del rogo, di cui si occupano puntualmente i vigili del fuoco, occorre – dunque – far seriamente luce su un fenomeno che non può essere considerato episodico e che dovrebbe essere trattato come un reale allarme sociale, un attentato alla salute della popolazione. Come già fatto in passato, dalla nostra testata torniamo a rivolgere un accorato appello alle istituzione preposte, affinchè possano far luce su una situazione che sta destando un crescente turbamento tra i cittadini di almeno tre comunità. Ostinatamente convinti che ci sia sempre un’alternativa alla rassegnazione.