Angelo Giurdanella: “Un pensiero a Maria Cristina che ha denunciato la malasanità e ai fragili”
“Accorgiamoci del bene nascosto, facciamolo venire alla luce, accresciamolo. Quante famiglie, quanti luoghi educativi, quante parrocchie sono semi che diventano alberi, luoghi accoglienti e nutrienti. Non dobbiamo aver paura dei numeri: non siamo chiamati a occupare spazi, ma a essere luce e lievito”. È questo uno dei passaggi del Messaggio di Pasqua del Vescovo monsignor Angelo Giurdanella diffuso oggi. Il Vescovo, nel rivolgere gli auguri a tutti, ha avuto un pensiero particolare agli ospiti della casa circondariale di Castelvetrano, ai giovani delle comunità di recupero e a quanti si prendono cura dei fragili, degli esclusi e dei migranti. Un pensiero monsignor Giurdanella lo ha voluto rivolgere alla professoressa Maria Cristina Gallo “… e a quanti come lei vivono lo stesso disagio e sofferenza”. La Gallo ha denunciato, nero su bianco, il ritardo negli esami istologici. Monsignor Giurdanella, nel suo Messaggio, ha evidenziato come la “testimonianza sia autenticata dalla povertà e dalla scelta dei più poveri”. Ecco perché “diventa importante maturare da parte di ognuno e delle famiglie quei gesti di prossimità che aiutano la Pasqua della vita, il passaggio dalla solitudine all’abbraccio, dalla disperazione alla speranza, dalla reattività alla mitezza, dalla dispersione alla comunione, dalla tristezza alla gioia”.
Da qui l’invito a “visitare anziani e ammalati, apriamo la mensa delle nostre case alle persone sole, confortiamo chi fa più fatica, ascoltiamo i piccoli e i giovani, facciamo il primo passo per la riconciliazione con i fratelli, partecipiamo di più ai momenti comunitari”. E il Vescovo aggiunge: “Al cuore dell’annuncio pasquale c’è il compiersi della Parola di Dio nella vicenda di Gesù di Nazaret: nella sua umanità amabile, nei suoi gesti di accoglienza, nel suo stare a tavola con i peccatori, nel suo parlare in parabole, nella sua morte in croce che salva anche il “ladrone pentito” e nel suo farsi incontrare Risorto, donandoci un amore senza misura, aiutandoci – come i discepoli di Emmaus (cf. Lc 24,13-53) – a riconoscerlo lungo le strade della vita nella Parola dispiegata e nello “spezzare il pane”. Lasciamoci, come impara Pietro nel dialogo con Gesù che amabilmente lo “riabilita” dopo il rinnegamento (cfr Gv 21,15-17), anzitutto amare e perdonare dal Crocifisso Risorto”. E monsignor Giurdanella conclude: “Sarà Pasqua se continueremo l’opera di Gesù che salva”.
“Con lo sguardo fisso su Cristo”: intervista al Vescovo di Trapani Pietro Maria Fragnelli
In occasione della Settimana Santa, Trapani si raccoglie attorno a una delle sue tradizioni più sentite e commoventi: la Processione dei Misteri. Un evento che travalica la dimensione folkloristica per diventare, anno dopo anno, un vero e proprio pellegrinaggio interiore. In questa intervista, Monsignor Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Trapani, ci guida alla riscoperta del significato autentico di questo cammino di fede. Con parole intense, ispirate anche dalla poesia di Alda Merini e dai moniti di Papa Francesco, il vescovo invita confrati, portatori, fedeli e giovani a vivere la Pasqua come un’opportunità concreta di riconciliazione, fraternità e speranza.
Eccellenza, la Processione dei Misteri è un momento di grande devozione e coinvolgimento per la comunità trapanese. Quale messaggio desidera rivolgere ai confrati, ai portatori e ai fedeli che seguiranno il lungo corteo processionale, affinché questa tradizione non sia solo un evento culturale ma un autentico cammino di fede?
Proprio in occasione dell’ultima “scinnuta”, quella in cui al centro della Chiesa del Purgatorio preghiamo con la madre addolorata, mi sono rivolto a tutti coloro che partecipano in vari modi alla processione del Venerdì Santo con le parole che una grande poetessa italiana, Alda Merini, ha dedicato alla Pasqua del Signore facendo parlare sua madre. A Lei che ridice agli uomini e alle donne di ogni epoca che “Gesù è una fiamma d’amore” che “brucerà le scorie del dolore” ho affidato questa Settimana Santa, la fatica e i desideri del bene che vivono nel cuore di tutti coloro che s’impegnano e vivono tutto l’anno con il popolo dei Misteri.
La nostra diocesi ha sempre avuto un forte legame con la spiritualità della Settimana Santa. Come possiamo riscoprire il valore del sacrificio e della speranza nel nostro vivere quotidiano, soprattutto in un contesto sociale segnato da difficoltà economiche e tensioni?
Anche lo spettatore più superficiale credo che rimanga colpito dal peso che quasi sembra schiacciare i portatori delle vare dei gruppi dei Misteri che pure quasi sembrano danzare al ritmo delle marce funebri. Guardando i portatori dei Misteri ho pensato: Gesù è sotto la vara. Lui per primo ha vissuto quello che san Paolo dirà ai cristiani della Galazia, nella Turchia di oggi: “portate i pesi gli degli altri”. Questo è il cammino della piena maturità umana e cristiana, condividere i pesi da fratelli e sorelle: è questo l’inizio della vita del cielo su questa terra. È sempre Lui, Gesù, il vero protagonista della processione. Gli altri siamo tutti strumenti, presi dalla volontà di bene e anche dai nostri vari, piccoli o grandi peccati. Anzitutto il peccato della grande menzogna, anzi delle grandi menzogne dei fratelli armati contro i fratelli. La menzogna della guerra è diabolica, tutti ne paghiamo il prezzo ma soprattutto i più deboli e fragili, gli inermi. Poi ci sono le piccole guerre, quelle dentro al nostro cuore, all’interno delle famiglie, dei gruppi, delle comunità. Un vescovo della Siria dei primi secoli diceva: “L’amore ama quelli che sono vicini, ama quelli che sono lontani. L’amore non può detestare neppure colui che lo detesta. L’amore tiene sempre lo sguardo fisso sul Signore, che ha sopportato la croce per noi. Tu che vai in collera, vieni, fa’ la pace con colui che detesti. Se la collera resta in te, corrompe il cuore”. Questo è il senso del pellegrinaggio che viviamo durante la processione, senza doppiezze ed opportunismi, con lo sguardo fisso a Cristo.
In passato, ha parlato della necessità di fare di Trapani una “capitale della fraternità”. Alla luce delle sfide attuali, quali passi concreti la Chiesa trapanese può compiere per rafforzare la solidarietà tra le persone, specialmente verso chi è più fragile e bisognoso?
Con umiltà, da guaritori feriti, tutti noi che formiamo la Chiesa trapanese siamo chiamati in questa Settimana Santa a rivivere nel Mistero di Cristo la sorgente di quell’amore che non ha confini e predilige gli esclusi, i più deboli, quelli che nessuno ama. Così si sviluppa gradualmente una comunità artigianale, nella quale tutti possono educarsi ed educare a vivere relazioni fraterne. Sono le relazioni tipiche del camminare insieme che trasmettono motivazioni alte per realizzare un sogno davvero lungimirante per il “ben-vivere” del nostro territorio. L’artigiano non fa le cose in serie è attento ai particolari. Così i piccoli gesti possono contribuire a costruire la pace a vivere quell’incontro con il Risorto che rende coraggiosi i cristiani nel combattere ogni ingiustizia, per la conversione di cuori pieni d’inganno.
La Settimana Santa è anche un tempo di riconciliazione e rinnovamento spirituale. Qual è l’invito che rivolge ai giovani della diocesi, spesso distanti dalla Chiesa, affinché possano sentirsi parte attiva di questa esperienza di fede?
Guardarsi dentro è il primo consiglio, cui deve far seguito quello del guardarsi attorno: l’io e il noi, la persona e la comunità per fare le scelte che orientino la vita nel dono pieno. Vedo tanti giovani che hanno riscoperto il senso della tradizione e si avvicinano al mondo dei ceti e delle bande. E’ un segnale positivo che il vescovo e tutta la chiesa guardano con simpatia e gioia. Ormai quasi tutti i ceti hanno un’assistente spirituale, presbitero o diacono, attraverso i quali, insieme al rettore e a tutti quei laici del mondo ecclesiale sinceramente impegnati nel mondo della processione, possiamo rendere un servizio di ascolto, di vicinanza concreta. A tutti i giovani vorrei dire che siamo vostri compagni di viaggio per accendere la vostra forza interiore che sente la vita con i suoi desideri e le sue aspirazioni, che medita e conserva in memoria ogni passo compiuto, che sa sperare un di più, che sa riconoscere il valore del cammino della vita, nel premio più prezioso: esser amati ed aver amato.
Papa Francesco, in questo periodo, sta affrontando alcune difficoltà di salute, ma continua a testimoniare con forza il valore della speranza e della prossimità. Come la comunità diocesana di Trapani può accompagnarlo con la preghiera e raccogliere il suo invito a una Chiesa sempre più vicina agli ultimi?
Abbiamo vissuto forse con una preghiera ancora più incessante per papa Francesco e per quello che ha nel cuore per la chiesa e per il mondo in quest’anno giubilare. Dalla cattedra di Pietro, che si è identificata per tante settimane con un letto d’ospedale in condizioni di estreme fragilità, è arrivato una grande insegnamento non solo per la chiesa ma credo per un mondo che in questi mesi ci appare capovolto. Ricordo il primo messaggio per l’Angelus diffuso dopo il ricovero al Policlinico Gemelli un luogo dove sappiamo che il papa tante volte ha incontrato, non solo in queste settimane, ammalati gravissimi, spesso bambini. Le sue parole sono state: “Da qui la guerra pare ancora più assurda”. Credo che il modo di essere più vicini a papa Francesco sia portare a tutti la misericordia e la carezza di Dio, soprattutto ai più poveri, esercitando l’unico primato dell’amore e del servizio.