Trapani si risveglia scossa da uno degli scandali più torbidi e dolorosi della sua storia recente. Un sistema corruttivo silenzioso, radicato e spietato è venuto alla luce proprio nel luogo dove ci si aspetta rispetto, raccoglimento e memoria: il Cimitero comunale. La vicenda ruota attorno all’ex necroforo del camposanto urbano, Mario Pizzurro, arrestato insieme a un fidato collaboratore, Emanuele Renato Grimaudo, accusati di avere gestito per anni una vera e propria “impresa parallela” fondata sulla disperazione dei cittadini e sulla complicità di soggetti pubblici e privati. Il prezzo del dolore, infatti, aveva un nome: il “caffè del necroforo”. Così vengono chiamate le mazzette che i familiari delle persone defunte erano costretti a pagare per ottenere un loculo, in un contesto in cui la mancanza di posti aveva già raggiunto livelli drammatici. Una carenza cronica che aveva spinto il Comune, lo scorso 14 febbraio, a revocare concessioni cimiteriali anche perpetue pur di fare spazio.
Un mercato nero del lutto
Tuttavia, mentre l’Amministrazione comunale firmava ordinanze per riorganizzare il sistema, qualcuno lucrava. Il necroforo, oggi al centro delle indagini, sembra aver fatto del cimitero un feudo personale, gestendo con metodi clientelari e criminali ogni fase: tumulazioni, estumulazioni, assegnazioni, perfino lavori murari presso le cappelle private, affidati a un muratore “amico” in cambio di un risparmio promesso sull’imposta comunale. La logica era semplice: chi pagava, otteneva. Chi no, si scontrava con ostacoli o silenzi. A emergere è un sistema in cui il dolore veniva mercificato e il rispetto per i defunti calpestato con disinvoltura. Le indagini coordinate dalla Procura di Trapani, che hanno portato agli arresti e al blocco di tre note agenzie di onoranze funebri cittadine, stanno rivelando uno scenario inquietante: un vero mercato nero del lutto, in cui i funerali erano “accelerati”, i loculi “liberati” a comando, e gli oggetti appartenenti alle salme – compresi oro e monili – forse rubati con modalità che rasentano il saccheggio tombale.
Complicità e parte lese
Ad aggravare il quadro, la complicità esterna: tra gli indagati infatti, ci sarebbe persino un medico dell’Asp, accusato di aver falsificato certificati di decomposizione o omesso accertamenti obbligatori, favorendo così l’intero ingranaggio. Anche alcuni fiorai sembrano coinvolti: secondo le indagini, avrebbero ritirato fiori freschi appena deposti per poi rivenderli, trasformando l’omaggio dei cari in merce da riciclo. L’Amministrazione comunale oggi si dichiara parte lesa, ringrazia i cittadini per le segnalazioni ricevute nel tempo e promette una gestione più trasparente, nel rispetto della memoria e dei defunti. Ma se davvero “era evidente da tempo” che qualcosa non funzionava, la domanda è: perché nessuno è intervenuto prima? È stato necessario l’intervento della Polizia e il coraggio di un dirigente comunale – che già nel 2023 aveva denunciato comportamenti anomali – per scoperchiare il vaso di Pandora. In questo quadro fatto di mazzette, favoritismi, omissioni e indignazione, resta il senso profondo di smarrimento di una comunità tradita. Non solo nel momento della morte, ma nel sacro diritto alla dignità dei propri cari. Ora che la rete si allarga – 25 le persone sotto indagine, di cui almeno 10 per corruzione – si spera che la giustizia faccia il suo corso con rigore e rapidità. Perché in gioco non c’è solo il ripristino della legalità, ma la ricostruzione di un senso etico e civile che, in questa vicenda, è stato profondamente violato.