Oltre 50 mila persone hanno risposto presente all’appello lanciato in questi mesi da Libera per la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime di mafia. Una grande partecipazione, che per un giorno ha trasformato Trapani nella capitale dell’attivismo antimafia. Un risultato importante, che in qualche modo ripara un passato recente complicato, in cui questa provincia è stata a lungo associata a Cosa Nostra, alla Strage di Pizzolungo, agli omicidi di Mauro Rostagno e Giangiacomo Ciaccio Montalto, ma anche alla latitanza di Matteo Messina Denaro.
Qual è il vostro bilancio del 21 marzo a Trapani?
Il 21 marzo è stato possibile perchè è stato avviato un lavoro con grande anticipo. C’è stata una partecipazione consapevole. Il lavoro fatto nelle scuole ha consentito di portare ragazzi che sapevano perchè si trovavano lì. Mentre eravamo alla manifestazione ho sentito che erano a conoscenza dei fatti, dei nomi, delle storie, ma ho notato anche che la parola impegno sovrastava la parola ricordo. Abbiamo lavorato per una grande partecipazione, ma soprattutto per una partecipazione consapevole.
In proiezione futura, quali semi lascia sul territorio questa grande manifestazione?
Tengo a precisare che abbiamo cominciato il 20. Con Rino Giacalone ho incontrato rappresentanti di associazioni provenienti da diverse parti d’Europa e persino del Messico. Abbiamo raccontato le cose che facciamo normalmente e loro hanno ascoltato il nostro modo di fare antimafia: stare nei quartieri, nelle carcere…Sempre il 20 abbiamo accolto tutti i gruppi “Amunì” d’Italia, 40 ragazzi accompagnati da operatori della giustizia minorile e da volontari di Libera. Hanno fatto una traversata velica fino a Pizzolungo, dove hanno incontrato Margherita Asta. L’imbarcazione a vela che hanno utilizzato è dell’Arci, che da mesi conduce nel Mediterraneo attività di segnalazione di migranti che si trovano in mare, in situazioni di pericolo. Quest’imbarcazione dimora a Trapani e da lì parte per ogni missione. Questi ragazzi si sono confrontati tra loro e hanno rivisto i propri pregiudizi verso i migranti, comprendendo cosa significa fuggire dalle guerre, dalle dittature, dalle violenze e sopravvivere alla traversata in mare. Dopo il corteo, il 21 pomeriggio, ci sono stati 12 seminari, da cui sono partite proposte concrete di attività che speriamo di poter portare avanti: progetti per le carceri, per i quartieri, per i giovani.
Molto lucido e profondo il discorso di don Ciotti in piazza Vittorio. Tra le altre cose, ha invitato a cambiare narrazione nella lotta alla mafia, tenendo conto che le nuove generazioni non hanno vissuto la stagione delle stragi e che è necessario un nuovo approccio per proseguire il lavoro di questi 30 anni…
Molto della narrazione antimafia nelle scuole poggia sulle stragi. Questo rischia di creare un problema di comunicazione, come se dicessimo che la mafia è roba di 30 anni fa e quindi, siccome non ci sono state altre stragi, in fin dei conti non c’è nulla da temere. Bisogna far capire che non combattiamo solo la mafia, ma la mafiosità. Il tema nostro è fare da contraltare ad alcuni tra i principi cardine della mafia, come l’omertà, che va contrastata con la solidarietà, con la cura verso l’ambiente e verso gli altri. Portare a conoscenza i ragazzi che il cemento depotenziato che è stato utilizzato per costruire un ponte, una scuola o un palazzo poi crollati è stato utilizzato da aziende criminali e quindi le vittime del crollo sono vittime di mafia. O che nella Terra dei fuochi i rifiuti sono stati scaricati dalla mafia e che quindi i morti per causa dell’inquinamento sono equiparabili alle vittime delle stragi di mafia. E’ importante far capire ai ragazzi che la mafia c’è ancora e uccide in altri modi rispetto al passato.
Tra pochi giorni si ricorderanno i 40 anni della Strage di Pizzolungo, che ha lasciato una ferita profonda nella nostra comunità. Oggi la provincia di Trapani è più o meno mafiosa rispetto alla primavera del 1985?
Rispetto a 40 anni fa se ne parla, si fanno nomi e cognomi. Io ho partecipato ai funerali dopo la Strage di Pizzolungo, ho visto la rabbia di chi c’era e ricordo l’indignazione per le parole del sindaco dell’epoca Erasmo Garuccio, che disse che a Trapani la mafia non esisteva. Sull’onda di quell’indignazione, nacque il Coordinamento Antimafia 2 aprile. Dopo la grande partecipazione iniziale nei primi anni, al quarto anno eravamo rimasti in 20 davanti ai cancelli della Villa Margherita. Dopo un po’ ci fu addirittura un’amministrazione comunale che pensò di creare uno stabilimento balneare nel luogo in cui avvenne l’attentato. Ci siamo impegnati molto per scongiurare questo progetto e, su input di Margherita Asta, abbiamo lavorato per far sì che venisse realizzato un Giardino della Memoria. Oggi abbiamo una consapevolezza differente, le attività antimafia vanno avanti in maniera costante, altrimenti il 21 marzo non saremmo stati 50 mila, in gran parte provenienti dalla provincia di Trapani. Quarant’anni fa i nomi non si facevano. Quando a Villa Margherita allestimmo un cartellone con un disegno della provincia, ad ogni città associammo i nomi delle famiglie mafiose locali: vennero a dirci che dovevamo togliere tutto. Oggi nessuno si scandalizza se faccio il nome di Antonio D’Alì come esponente politico che ha favorito la mafia.
Chiaramente il 21 marzo è una tappa di un percorso più lungo che ci porterà intanto al 2 aprile, per ricordare la Strage di Pizzolungo. E poi continueremo, a Marsala con le attività al centro di Sappusi, a Trapani e Partanna con quelle riguardanti i beni confiscati. E poi, in provincia, altre iniziative e altri incontri, che non sono concepiti come spot, ma come semi che possono portare frutti concreti.