È uscita nel mese di febbraio del 2025, per i tipi de Le tre torri edizioni (Menfi), la prima pubblicazione di Domenico Ripa che ha per titolo “Lo strano caso dell’Annunciata di Antonello da Messina”, acquistabile presso letretorrishop.it. Non è un romanzo giallo ma una ricerca storica che ricostruisce in maniera puntigliosa la storia del capolavoro di Antonello da Messina, oggi conservato a Palazzo Abatellis di Palermo. Di questa opera, realizzata intorno al 1475 e che comparve in pubblico solo nel 1887, fino ad oggi s’ignorano i suoi primi quattrocento anni di storia; l’autore svela la storia del dipinto nel lungo periodo di tempo antecedente la sua apparizione pubblica.
Non è un romanzo giallo – dicevamo – ma scorre e coinvolge il lettore, pagina dopo pagina, come se lo fosse. Fin dalle prime pagine, infatti, ci ricorda i romanzi di Chiara Montani (ecco svelato il perché della scelta del titolo “Enigma Annunciata” di queste nostre riflessioni sul libro). L’autrice di “Enigma Tiziano” e di altri romanzi che ruotano attorno al modo dell’arte, nel dare forma alle vicende narrative incastona trame immaginarie in contesti storici precisi, intrecciandole agli eventi del tempo e facendo convivere personaggi di fantasia con altri realmente esistiti.

Nel lavoro del Nostro autore, invece, non ci sono personaggi di fantasia né trame immaginarie ma è, invece, la semplice combinazione di una serie ordinata di eventi realmente accaduti. Ripa, come in un puzzle, incastra perfettamente tutti i pezzi mancanti della storia del capolavoro rinascimentale e lo fa con la storia di un altro quadro (che ritiene sia lo stesso), scomparso nel 1777. Infatti, si legge a pag. 159 del libro, “la precedente storia del dipinto, nei suoi primi quattrocento anni di vita, potrebbe essere quella della Madonna delle Campane”, dipinto da Antonello da Messina “per volontà testamentaria del notaio Salvatore Di Noto” e che “stette per almeno 185 anni nella piccola Chiesa di San Pancrazio, ricavata sotto la torre campanaria situata nel Piano Maggiore di Mazara”, spostata successivamente nel Palazzo Vescovile, poi posta davanti l’ingresso del Seminario e, infine, in una edicola sotto i portici. Del dipinto non se ne seppe più nulla. Monsignor Vincenzo Di Giovanni trovò l’antico dipinto che – per farla breve e per invogliarvi a leggere il libro – si portò nella sua abitazione a Salaparuta. Con la sua morte, gli eredi lo donarono al Museo Nazionale di Palermo (che fino al 1954 custodiva anche la collezione d’arte) e oggi esposto a Palazzo Abatellis (divenuto dal 1977 Galleria Regionale della Sicilia). Un libro – quello di Domenico – scritto con uno stile perfetto capace di avvincere il lettore fin dalle prime pagine; un libro sicuramente da leggere per scoprire e conoscere che, le opere d’arte che ammiriamo nei musei, spesso hanno avuto una vita travagliata, sono sopravvissute alle intemperie, alla polvere del tempo, a vicende tortuose e, a volte, finanche alle guerre e che, grazie al sacrificio e alla perseveranza di molte persone sono giunte fino a noi.
[ Giacomo Cuttone ]