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Marsala e la violenza giovanile: cosa fare?

Una scena inquietante, quella che si è consumata nelle serate scorse nel centro storico di Marsala: un giovane aggredito senza pietà da un gruppo di coetanei, brutalmente malmenato con un machete, tanto da necessitare dell’intervento immediato dei soccorsi. Non si trattava di un episodio casuale, ma di un atto violento, che ha scosso profondamente non solo la vittima, ma l’intera comunità. Il ragazzo, come molti nella sua età, stava semplicemente trascorrendo una serata con gli amici, ma si è trovato coinvolto in una rissa per un errore di identità, come purtroppo accade troppo spesso tra i giovani che si ritrovano a fronteggiarsi in modo assurdo. Il machete, simbolo di una violenza cieca e insensata, non è certo un attrezzo da portare in giro per le strade cittadine. Eppure, coltelli, bottiglie di vetro e altri corpi contundenti sono diventati compagni quotidiani per molti ragazzi che li usano come una sorta di “status symbol” o, peggio, come un mezzo per risolvere le loro frustrazioni. Non possiamo più permettere che una generazione intera venga infettata da questa cultura della violenza, che ha ormai preso piede tra chi ha deciso di usare il muscolo al posto della parola.

La società si è abituata troppo facilmente alla microcriminalità, spesso attribuendola erroneamente ad una “parte” della popolazione giovane che, a quanto pare, è sempre più identificabile con i ragazzi di origine nordafricana. Non si tratta, ovviamente, di una generalizzazione che si possa fare su tutti, ma è innegabile che la crescente presenza di gruppi di giovani – a volte anche minorenni – che si aggirano nelle piazze e nei parchi delle nostre città, armati e pronti a tutto, solleva serie preoccupazioni. Questi gruppi non sono affatto una rarità. Rappresentano una parte significativa di quella che è una vera e propria emergenza sociale, fatta di violenza gratuita, insicurezza nelle strade e paura crescente tra i cittadini. Ciò che è grave, però, è la quasi totale indifferenza da parte delle istituzioni, che spesso sembrano non comprendere l’urgenza della situazione. Le riunioni itineranti in Prefettura, le dichiarazioni sulla sicurezza nelle città trapanesi, rischiano di diventare parole vuote. L’episodio di Marsala non può essere liquidato come un fatto isolato. È solo l’ennesima dimostrazione di un problema ben più profondo, che coinvolge non solo la gestione dell’ordine pubblico, ma anche il disagio sociale, economico ed educativo di molti giovani che oggi si sentono invisibili, senza prospettive, e pronti a risolvere le proprie frustrazioni con la violenza. Anche altre città della Provincia, da Trapani a Salemi, condividono le stesse problematiche. Per non parlare dello spaccio e dell’alto consumo di droghe.

Non si può più tollerare che la paura diventi parte della vita quotidiana. Non possiamo più aspettare che questi episodi accadano con una frequenza crescente, sperando che la violenza si fermi da sola. È necessario un intervento tempestivo e risoluto. L’educazione, la prevenzione e il dialogo sono sicuramente la chiave per scongiurare che episodi come quello che abbiamo visto ieri diventino la norma. Ma è altrettanto chiaro che, senza un deciso cambio di rotta, rischiamo di trovarci di fronte a una generazione che vede nella violenza l’unica forma di riscatto. Se le istituzioni non si attivano con fermezza, se non c’è un’azione decisa che comprenda il controllo del territorio, la gestione delle piazze e un rafforzamento dei servizi sociali, non potremo più parlare di una comunità sicura e coesa. La sicurezza, in fondo, è anche una questione di giustizia sociale. Non basta la solidarietà , giusta, del sindaco o i buoni propositi delle forze dell’ordine. C’è bisogno di un intervento sistemico, che coinvolga scuole, famiglie, servizi sociali e forze di polizia, affinché i giovani siano rimessi su un cammino di speranza e di giustizia, lontano dalla violenza. Solo così potremo dare un futuro migliore a chi, oggi, sembra destinato a cedere alla rassegnazione e alla rabbia.

Claudia Marchetti

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